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Papa Leone a tavola con gli ultimi: “Serve cultura dell'attenzione”.
Oggi 17-11-25, 10:04
Il Giubileo dei poveri, uno dei più attesi nel calendario dei grandi eventi dell'Anno Santo, si è concluso ieri con il pranzo in Aula Paolo VI insieme a Leone XIV. Il momento clou è stata però la messa celebrata nella basilica di San Pietro. Prima di celebrarla, il Papa ha voluto fare un saluto ai fedeli presenti in piazza ricordando loro che «noi tutti vogliamo essere fra i poveri del Signore, perché la nostra vita è un dono di Dio e lo riceviamo con tanta gratitudine». Quello della povertà è un tema che sta molto a cuore al nuovo Papa al punto da dedicare ad esso la prima esortazione apostolica del suo pontificato, quella «Dilexi te» che avrebbe voluto pubblicare il suo predecessore Francesco. Citando il documento, Leone XIV ha spiegato nell'omelia che la Chiesa «ancora oggi, forse soprattutto in questo nostro tempo ancora ferito da vecchie e nuove povertà, vuole essere madre dei poveri, luogo di accoglienza e di giustizia». Il monito papale non si è soffermato solo sulle povertà materiali ma anche su «tante situazioni morali e spirituali, che spesso riguardano soprattutto i più giovani» e che con le prime hanno in comune la solitudine. Prevost ha perciò invocato una «cultura dell'attenzione» da sviluppare «proprio per rompere il muro della solitudine». L'appello di Leone non è indirizzato soltanto ai cristiani, ma più in generale ha invitato i «capi degli Stati e i responsabili delle Nazioni ad ascoltare il grido dei più poveri». Secondo Leone, le migrazioni sarebbero la prova di come «non ci potrà essere pace senza giustizia» mentre il «mito del benessere e del progresso» finisce per soffocare il grido dei poveri nella nostra società. L'omelia ha confermato l'approccio cristologico di Prevost a un tema che spesso, anche nella Chiesa, si tende a declinare in termini sociologici. Prova ne è stato il passaggio in cui ha detto che «la questione dei poveri riconduce all'essenziale della nostra fede» perché essi per il cristiano «sono la stessa carne di Cristo e non solo una categoria sociologica». Infine il Papa ha invitato i fedeli a lasciarsi «ispirare dalla testimonianza dei santi e delle sante che hanno servito Cristo nei più bisognosi e lo hanno seguito nella via della piccolezza e della spogliazione». L'esempio che ha citato è quello di san Benedetto Giuseppe Labre, il santo «barbone» che distribuiva le elemosine ricevute agli altri mendicanti e morì a soli 35 anni a Roma. Le sue reliquie riposano nella parrocchia di Santa Maria ai Monti da dove sono state traslate temporaneamente nella basilica di San Pietro. Leone XIV ha chiuso il Giubileo dei poveri (coincidente con la Giornata mondiale dei poveri) con il pranzo organizzato dall'Elemosineria Apostolica in Aula Paolo VI. Tra i tavolini della Sala Nervi hanno mangiato migliaia di bisognosi serviti dai volontari vincenziani. Un gruppo di fortunati ha pranzato nel tavolino del Santo Padre, seduto affianco al suo fidato segretario don Edgard Rimaycuna. Il menù prevedeva lasagne vegetali, cotoletta con verdure e babà. Nel suo saluto, Prevost ha voluto ricordare il suo predecessore Francesco che fu ideatore dell'iniziativa e ha chiesto ai presenti un forte applauso in suo onore. Leone non ha dimenticato il Papa che scelse il suo nome come omaggio ai poveri.
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