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Parlati lancia l'Italia ai Mondiali di judo: dopo l'Europeo l'obiettivo è vincere
Ieri 12-06-25, 18:50
Saranno venti i portacolori italiani nei Mondiali di judo al via domani a Budapest. Se al femminile brilla l'oro olimpico di Alice Bellandi, all'esordio stagionale, al maschile il più atteso è Christian Parlati, già rodato dall'oro europeo nei -90kg messo al collo lo scorso aprile a Podgorica, chiusi con ben nove medaglie azzurre. «È stato un orgoglio vincere questa medaglia - racconta Christian, 27enne napoletano, campione di judo con una parentesi da attore - perché è il primo oro in carriera in un Europeo e perché è arrivato dopo un periodo difficile, è una medaglia di rinascita dopo un anno costellato da infortuni». Com'è arrivare ai Mondiali con al collo il titolo europeo? «Le aspettative sono elevate, ma in realtà lo erano a prescindere dal risultato degli Europei. Quando partecipi ai Mondiali parti sempre per vincere e sicuramente è questo l'obiettivo del 2025». Anche il movimento arriva carico dopo i risultati agli Europei. C'è voglia di rivincita dopo Parigi? «Intanto arriviamo da Europei in cui abbiamo fatto il nostro record di medaglie. Parigi ha lasciato sicuramente voglia di rivalsa e ci ha dato tanta carica, in ogni caso abbiamo avuto l'oro di Alice (Bellandi, ndr) e quattro quinti posti che rappresentano comunque un risultato storico. Certo, un po' di sfortuna c'è stata perché dopo un quadriennio trionfale tutti si aspettavano grandi cose, ma non può essere una gara a cambiare il senso di quattro anni di lavoro». Torniamo a lei, la descrivono come imprevedibile. Si riconosce in questa definizione? «Probabilmente per il mio modo di fare judo, sempre all'attacco, alla ricerca dell'ippon. Diciamo che mi raccontano come un estroso, nella vita mi vedo come una persona piuttosto calma, forse anche per via degli anni che passano». È un po' la cifra dell'artista, visto il passato da attore con Beppe Fiorello nel film ‘L'oro di Scampia'? «Attore... È una parola grossa (ride, ndr). È stata un'esperienza che mi ha fatto molto piacere, qualcosa che non avevo mai fatto, ma si è fermata lì. La scelta è stata molto semplice, sono sempre stato deciso sul mio percorso e non ho dato seguito ad altri provini o proposte». Il judo è un po' il settore di famiglia: com'è avere papà Lello dt della Nazionale e suo fratello Enrico come allenatore? «È la novità di questo quadriennio, dopo aver avuto mio padre come allenatore nel percorso verso Parigi. Ti fa vivere le gare in maniera più intensa, le vittorie sono più belle ma le sconfitte ancora più dure da affrontare. È come se combattessi un po' per loro, cosa che accade già normalmente. Sentirli vicini è molto importante per me». Ha anche un bronzo olimpico come compagna, la belga Gabriella Willems. Più complicità o rivalità? «Lei è ancora più campionessa di me, sta avanti. Cerchiamo di aiutarci a vicenda, anche dal punto di vista tecnico, sempre nei limiti dei momenti che ciascuno attraversa». Ha qualche rito scaramantico? «Prima si, legato agli oggetti, per esempio indossare sempre la stessa felpa. Adesso ho abbandonato un po' tutto perché era limitante, meno cose pensi e più riesci a concentrarti su ciò che devi fare. Ho più una routine, per esempio riguardo la musica che ascolto prima delle gare. Faccio eccezione per il Napoli, per il tifo sono scaramantico». Quindi niente promesse o pegni per una medaglia? Nemmeno quella olimpica? «Al momento non ci voglio pensare, l'obiettivo su Los Angeles chiaramente c'è ma è ancora troppo lontano. Adesso la mia concentrazione è tutta sui Mondiali».
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