s
Pellegrino (FdI): "Non una di meno? Non ci rappresenta, non bisogna trasformare le piazze nella legittimazione della violenza stessa"
Oggi 25-11-25, 10:23
"La violenza contro le donne è una battaglia di civiltà. Fratelli d'Italia sta lavorando per costruire un sistema che protegga davvero le vittime e colpisca con durezza chi commette questi reati: abbiamo rafforzato gli strumenti repressivi, accelerato i tempi della giustizia, preteso l'applicazione rigorosa delle misure cautelari e vogliamo investire sulla formazione delle forze dell'ordine. La donna deve sapere che lo Stato è al suo fianco, sempre, e che chi vuole offendere la sua dignità e il suo corpo potrà essere fermato con decisione". A dirlo la senatrice Cinzia Pellegrino, coordinatrice nazionale del Dipartimento tutela vittime di FdI. Come si inserisce il suo lavoro nella strategia complessiva del governo su questo tema? "Il mio ruolo è un ponte costante tra i territori, le istituzioni e il governo. Ascolto famiglie, centri antiviolenza, operatori, forze dell'ordine, e cerco di portare in Parlamento le criticità reali. Le scelte politiche devono scaturire non dall'onda emotiva della cronaca, ma da ciò che le vittime vivono e temono ogni giorno, senza avere paura di criticare sistemi e procedure che non raggiungono lo scopo di dare effettivo sostegno alle donne. Ad esempio, il Governo Meloni è stato quello che di più di assoluto ha finanziato i centri antiviolenza ed ha reso strutturali i fondi del reddito di libertà; interventi coraggiosi che dimostrano quanto questo Esecutivo abbia come priorità l'impegno contro la violenza di genere. Non bisogna, però, aver paura di criticare alcune strutture che sfruttano questo tema a scopo ideologico e usano i centri antiviolenza come scuole di indottrinamento politico. Ecco, al di là del fatto di distogliere denaro pubblico al prezioso e fondamentale lavoro di tutela della vittima, credo che non facciano un buon lavoro per le donne stesse". Fratelli d'Italia parla spesso di prevenzione: quali interventi concreti ritenete prioritari per agire prima che la violenza esploda? "La prevenzione significa educazione, controllo e presenza dello Stato. Crediamo in percorsi scolastici che ristabiliscano il rispetto reciproco, in una rete territoriale capace di intercettare i segnali d'allarme, in strumenti che impediscano ai violenti di avvicinarsi alla vittima. Su questo c'è ancora molto da lavorare, ma è importante ricordare la volontà sempre dimostrata dal Ministro Valditara e dalla Roccella su questa strategia. Dobbiamo riconoscere che, in passato, l'unico risultato legislativo forte è stata la legge 69/2019. Oggi invece stiamo lavorando per costruire un complesso più rafforzato di norme insieme alla loro implementazione di una rete sul territorio più efficace e più connessa, che comprende il miglioramento dei servizi di assistenza, il sostegno economico ulteriore con l'Ente per il Microcredito, la formazione delle forze di polizia, la specializzazione dei Magistrati e l'educazione alle relazioni nelle scuole. Spiegare ai ragazzi quali sono i comportamenti a rischio nell'interazione con l'altro è fondamentale per comprendere subito la manipolazione emotiva, le richieste che limitano spazio di libertà personale e gli atteggiamenti di prevaricazione che possono finire in veri e propri atti di violenza fisica". Per molte associazioni servono più fondi e più strutture: qual è la posizione politica del partito su risorse e investimenti dedicati alle vittime? "Il governo Meloni ha disposto un fondo da 30 milioni di euro per il cosiddetto “reddito di libertà”, un contributo erogato dall'Inps da 500 euro al mese (per un massimo di 12 mesi) riconosciuto alle donne vittime di violenza, distribuito equamente per il 2024, il 2025 e il 2026, rendendolo così un intervento strutturale e non una semplice misura spot. A questo – che è un sussidio economico temporaneo che ha come scopo quello di garantire una sicurezza economica di base coprendo le spese quotidiane come alloggio, alimentazione e cura dei figli - abbiamo aggiunto il microcredito di libertà, che dà la possibilità alle donne vittime di violenza di ricevere finanziamenti a tasso zero per aprire un'impresa. Chi risulterà idonea potrà ricevere fino a 50.000 euro per avviare o sviluppare un'attività imprenditoriale o fino a 10.000 euro aggiuntivi per superare temporanee difficoltà finanziarie e riceverà assistenza formativa e tutoraggio per gestire il proprio progetto. Tutti questi sostegni possono essere raggiunti tramite l'ausilio dei centri antiviolenza, che sono stati tutti rifinanziati. Il decreto di riparto del 28 novembre 2024 assegnava 80,2 milioni di euro, con 40 milioni ai centri antiviolenza e alle case rifugio, 15 milioni alle azioni regionali per l'empowerment delle vittime, 5 milioni per nuovi centri antiviolenza, 20 milioni per case rifugio tramite realizzazione o acquisto di immobili, e 200 mila euro destinati al potenziamento della rete territoriale nel comune di Caivano nell'ambito del decreto omonimo. Consentitemi, però, una personale nota polemica: lo scopo deve essere sempre l'aiuto alle vittime. Per questo io sono totalmente favorevole all'obbligo di prevedere nello statuto di chi riceve questi fondi l'esclusività o la prevalenza dell'attività di prevenzione e contrasto della violenza di genere rispetto alle altre eventuali finalità sociali. Su questo vi è ancora un dibattito aperto, ma io credo che chi davvero ha a cuore il sostegno alle donne debba essere il primo sostenitore di questa regola". A seguito dei recenti episodi in cui durante un corteo è stato invocato il cosiddetto “melonicidio”. Come giudica questa deriva e quale impatto ritiene possa avere sul dibattito pubblico e sulla battaglia contro la violenza di genere? "Ancora una volta il corteo organizzato dalle frange estremiste femministe e rilanciato sotto la sigla “Non Una Di Meno” ha superato ogni limite accettabile, trasformandosi in un evento in cui si è invocato apertamente il cosiddetto “Melonicidio”, cioè l'uccisione della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Una deriva che colpisce al cuore la credibilità – ove ancora ne fosse rimasta - di un movimento che pretende di parlare di diritti, mentre alimenta un clima di violenza contro una donna in quanto donna e in quanto figura istituzionale. Questo cortocircuito morale distrugge la forza della causa, la svuota di credibilità, la riduce a un esercizio identitario ostile verso chi non si adegua al pensiero dominante del gruppo, il loro, e delle loro impostazioni politiche comuniste. A Giorgia Meloni va tutta la mia solidarietà e il mio ringraziamento per aver contributo con il suo governo a portare avanti misure efficaci per il contrasto alla violenza sulle donne, con rigore e serietà. Questa battaglia merita movimenti capaci di lottare con fermezza per la dignità di tutte noi senza trasformare le piazze nella legittimazione della violenza stessa. Ed è chiaro che quei movimenti non possono essere quelli delle “Non una di meno”.”
CONTINUA A LEGGERE
1
0
0
Guarda anche
Il Manifesto
I centri antiviolenza e i percorsi di libertà
Il Tempo
12:28
