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Pure Formigli azzera Schlein: “L'attentato a Ranucci non è colpa della destra. È propaganda”
20-10-2025, 11:19
L'esplosione dell'auto di Sigfrido Ranucci davanti alla sua abitazione di Pomezia ha scosso la cronaca italiana e acceso un dibattito politico che attraversa l'intero Paese. L'episodio, avvenuto la sera del 16 ottobre 2025, non ha provocato feriti, ma l'intimidazione è stata chiara: un messaggio forte e preoccupante, diretto a uno dei giornalisti d'inchiesta più noti e discussi della televisione pubblica italiana. In questo clima già teso, le parole di Elly Schlein, che aveva collegato l'attentato alla destra politica, hanno suscitato immediata reazione. Ma Corrado Formigli, ospite di “Omnibus” su La7, ha rigettato con decisione questa lettura. “Dire che se hanno messo la bomba a Ranucci è tutta colpa della destra è conseguenza della campagna elettorale permanente in cui ci troviamo”, ha spiegato. “Da questo a dire che la bomba l'abbia messa Meloni è sbagliato”, ha continuato. Secondo Formigli, il nodo centrale non è la contrapposizione politica fine a sé stessa, ma il contesto più ampio che rende il giornalismo d'inchiesta sempre più difficile. La delegittimazione dei cronisti critici, ha ricordato, non nasce oggi: parte dai governi precedenti, da Matteo Renzi a Beppe Grillo, e si è intensificata nel tempo. “Quando il giornalismo critico viene isolato, con leggi bavaglio e rifiuto del confronto, diventa difficile fare inchieste. Ma questo non significa che un attentato debba essere trasformato in un atto politico diretto contro un partito”, ha spiegato. Formigli ha poi sottolineato un problema strutturale: la Rai sotto controllo politico. “Ranucci – ha dichiarato – è stato negli anni oggetto di tagli di budget, richiami in commissione di vigilanza e limitazioni sulle puntate. Se non ci fosse stata l'influenza dei partiti, certe pressioni interne non avrebbero avuto lo stesso peso”. È in questo contesto, ha sostenuto, che si inserisce la necessità di un'opposizione responsabile. “Più che gridare slogan propagandistici, servirebbe mobilitare i cittadini e le istituzioni per una riforma della Rai che ne garantisca indipendenza e trasparenza”. La notte dell'esplosione, l'ordigno ha distrutto il veicolo di Ranucci e danneggiato altre auto vicine, suscitando grande preoccupazione tra i residenti. La Direzione investigativa antimafia (Dia) ha preso in carico le indagini, valutando il possibile collegamento con interessi criminali legati alle inchieste condotte dal giornalista. Ranucci è noto per il suo lavoro su “Report”, programma di inchiesta della Rai. Non è la prima volta che il giornalista subisce attacchi o pressioni, ma questa volta il messaggio intimidatorio ha superato ogni limite: usare un ordigno esplosivo in un contesto abitato, con rischio concreto per la vita di chiunque si trovasse sul posto, rappresenta un salto di qualità nella gravità dell'azione. Formigli ha colto l'occasione per lanciare un avvertimento: la libertà di stampa non si difende con la polemica politica fine a sé stessa, ma con azioni concrete. Una riforma della Rai, secondo il conduttore, rappresenterebbe un passo fondamentale per proteggere i giornalisti d'inchiesta e garantire un'informazione realmente indipendente. “Se il giornalismo d'inchiesta è ostacolato e isolato, nessun attacco criminale ha bisogno di aggiungere un danno: il sistema già produce debolezza”, ha affermato. “L'episodio – ha ricordato – deve spingere tutte le forze politiche – di governo e d'opposizione – a fare quadrato attorno al principio che colpire un giornalista significa colpire la democrazia. La solidarietà verbale non basta: servono strumenti legislativi, investigativi e protettivi”. Le parole di Formigli possono sorprendere per il tono critico rivolto all'opposizione in un momento così delicato. Ma dietro la critica c'è un punto condivisibile: trasformare l'attentato in uno strumento di propaganda rischia di oscurare il vero problema. Il nemico non è la politica avversa, ma l'omertà e l'insicurezza che circondano chi lavora per la verità. Il giornalismo d'inchiesta è sempre più sotto pressione: tra difficoltà economiche, interferenze politiche e intimidazioni, il rischio è che il coraggio dei cronisti venga eroso dal sistema.
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