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Ranucci torna a frignare per Report e dà la colpa al nostro editore
Oggi 28-10-25, 08:22
Per carità, Sigfrido Ranucci sarà pure, come lo ha definito Rula Jebreal introducendolo durante la presentazione del proprio libro, «un guardiano della democrazia e della verità» e «un eroe nazionale di questa Repubblica». E nessuno sminuisce la gravità dell'attentato di cui è stato bersaglio una decina di giorni fa. Però un conto è il sacrosanto rispetto dell'incolumità, un conto è il divieto al dibattito. Ieri, partecipando al convegno alla Camera sul volume della giornalista, il conduttore di Report si è lasciato andare a una sortita che suona come un attacco alle critiche, una velata pretesa di lesa maestà che per chi come lui rivendica la battaglia per la libertà di stampa suona quantomeno come una contraddizione. Ha sostenuto Ranucci, evidentemente alludendo ai giornali del gruppo di cui fa parte anche Il Tempo: «Noi abbiamo editori politicizzati, addirittura un senatore», dice scagliando accuse contro il nostro editore Antonio Angelucci (che tra l'altro non siede al Senato ma alla Camera), «che gestisce dei giornali che usa come manganello: anche oggi (ieri ndr) ci sono tre-quattro articoli contro di me... Sono contento perché dopo tanta solidarietà mi stavo annoiando, sono tornato a come stavo prima: anche perché la solidarietà è ipocrita, non nascondiamolo. Quindi, hanno ricominciato a delegittimare Report». Eh no, nessuna delegittimazione, nessun «manganello». E soprattutto la solidarietà non implica il divieto di contraddittorio, o di smontare un servizio quando si ritiene di farlo. Magari di mostrare anche delle interviste per intero quando sono state trasmesse tagliate, come ha fatto ieri il sito de Il Tempo a proposito del passaggio del presidente della Commissione Cultura della Camera Federico Mollicone, intervistato da un giornalista di Report. Si chiama libertà di stampa. E sì, deve valere per tutti. Non è che quel che per se stessi è il fioretto diventa poi manganello se in mano ad altri. Ma siccome il moralismo non va mai da solo, è interessante un altro aspetto, stavolta riguardante la crisi mediorientale, emerso durante la presentazione del libro di Rula Jebreal. Il volume si intitola "Genocidio", e ovviamente si inserisce in un filone con cui gran parte del mondo progressista, politico e culturale, in Italia e non solo, interpreta la crisi di Gaza. All'evento partecipava anche il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, che si è intestato una enormità. Riferito al 7 ottobre e all'atto di guerra di Hamas osserva: «Una cosa è il massacro di un giorno, dove si commettono assolutamente crimini contro l'umanità». Ma qui, cioè nel caso della reazione di Israele, osserva il leader pentastellato, «stiamo parlando di un genocidio che si è sviluppato sotto i nostri occhi per due anni». Errore molto grave, quello commesso dal leader pentastellato, perché mette sulla bilancia temporale la strage del 7 ottobre. Per quanto durata «solo un giorno», infatti, nessuno restituirà la vita alle persone uccise, sia nel blitz ai kibbutz o al rave nel deserto del Negev, così come a quelle sequestrate e morte durante la terribile prigionia nei tunnel di Hamas. E molti ostaggi liberati, la vita, quella normale, tornerà tra molti anni o forse mai. Se queste sono le basi su cui la sinistra vuol preparare «l'alternativa», sono messi bene.
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