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Referendum, Segni: "Sbagliato abusarne. Così si svaluta un qualcosa di utile"
Ieri 11-05-25, 13:18
«Abusando della democrazia diretta si rischia di svalutare un qualcosa di cui il Paese ha profondamente bisogno». A dirlo Mario Segni, giurista e padre della stagione referendaria. Il referendum, oggi, è ancora uno strumento valido? «È un grande strumento di democrazia. Il problema, piuttosto, è il quorum. Non dimentichiamo che quando è stato stabilito l'affluenza media si aggirava tra il 70% e l'80%. Adesso le persone che si recano alle urne sono più o meno la metà. Diventa, pertanto, quasi impossibile coinvolgere almeno il 50% degli aventi diritto». Come potrebbe intervenire l'attuale esecutivo? «Essendo questa maggioranza contraria alle questioni sottoposte l'8 e il 9 giugno, se si attivasse, o meglio si distinguesse per cambiare una vecchia norma, dimostrerebbe, con i fatti, di essere per la libertà». Si spendono, intanto, risorse ingenti per questioni ritenute, da molti, marginali... «Anche le leggi si fanno spesso per cose che non servono. È sbagliato criticare l'istituto, così come è scorretto prendersela con chi si astiene. Siamo in un Paese libero, dove qualunque posizione deve essere ritenuta legittima». Il presidente del Senato, però, ha ricevuto non poche critiche per il suo appello al non voto... «Gli italiani possono e devono fare quello che vogliono. Le persone si devono sentirsi libere di recarsi o meno alle urne. Non c'è nulla di male se qualcuno, liberamente, afferma che non considera delle priorità alcuni quesiti. Tocca a chi li propone saper essere convincente e dunque raccogliere consenso. Se gli italiani non si ritrovano su una determinata battaglia non è colpa di chi predica l'astensione». Quanto è differente questa tornata da quella famosa consultazione in cui Craxi esortò i nostri connazionali ad “andare al mare”? «Quell'atto, a livello politico, è stato, senza ombra di dubbio, scorretto. Gli italiani lo capirono e, dunque, misero fine alla Prima Repubblica. A fare quella battaglia, però, c'era una classe dirigente compatta e con le idee abbastanza chiare». Quest'opposizione è in grado di emularla? «A mio parere no. Non voglio e non posso dare giudizi politici, ma oggi si respira un clima differente rispetto ad allora. Non c'è, ad esempio, una minoranza coesa che si ritrova su quanto proposto. C'è, al contrario, una maggioranza solida e popolare». Sembra di essere quasi di fronte a una “battaglia persa in partenza”. Non è che forse si sta abusando di un qualcosa che, invece, si dovrebbe utilizzare con parsimonia? «Assolutamente! Ecco perché ritengo che l'esecutivo debba aggiustare presto la norma costituzionale. Altrimenti, anche quando le persone saranno chiamate al voto per un qualcosa che va oltre le bandiere, gli italiani preferiranno restare a casa». Qualcuno, intanto, prova a contarsi sui referendum, quasi se fossero un "test" per le prossime politiche. Non le sembra un azzardo? «Non è una scelta vincente. La storia recente ci insegna che misurarsi in questo tipo di partite, nella maggioranza dei casi, rappresenta un autogol».
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