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Rudy Giuliani: "Il partito di Musk? È solo nella sua testa. Zero problemi per Trump"
Oggi 08-07-25, 07:33
Rudy Giuliani non fa sconti. L'ex sindaco di New York ha smontato, pezzo dopo pezzo, l'annuncio choc di Elon Musk: la creazione dell'«America Party», una nuova formazione politica che si propone di spezzare il duopolio Repubblicani-Democratici e sedurre gli elettori disillusi. «Non è un'iniziativa seria. Non ha nemmeno depositato i documenti per fondare un vero partito. Al momento è solo una fantasia nella testa di Musk», taglia corto Giuliani. Per lui, il patron di Tesla e «X» è un genio industriale che sta giocando fuori ruolo. «Questo tentativo è come vedere Aaron Judge, fuoriclasse del baseball, provare a giocare ai Mondiali di calcio. È fuori categoria». Il paragone con Michael Bloomberg, altro miliardario sceso in politica e miseramente fallito, è immediato. «Spendere non basta. Trump ha speso meno dei Democratici e ha vinto perché era un candidato autentico. Musk, invece, non è né organizzatore politico né comunicatore efficace». Ma è davvero così inoffensiva questa sortita muskiana? Giuliani mantiene una certa cautela: «Non rappresenta una minaccia seria per Trump. Il problema è che Musk sta cercando di raccogliere gli elettori delusi…ma quei delusi stanno già con Trump». Per l'ex sindaco, il tycoon ha già rivoluzionato gli equilibri: «I Repubblicani oggi sono il partito della classe media. Gli Stati una volta in bilico ora sono roccaforti Gop. Musk cerca uno spazio che Trump ha già occupato. E lo fa senza un messaggio, senza una causa reale». A questo punto Giuliani richiama il precedente storico del 1992: «Quando George H. W. Bush tradì la promessa di non aumentare le tasse – il famoso "Read my lips: no new taxes" – si aprì una crepa nel fronte repubblicano. Ross Perot seppe sfruttarla e arrivò al 19% dei voti. Ma lì c'era un tradimento concreto. Qui no. Musk non intercetta nessuna frattura reale». Il vero rischio, secondo Giuliani, è un altro: «Non la presidenza. Non il Senato. Ma i collegi locali. In distretti con candidati fragili, Musk potrebbe far danni. Dieci, dodici seggi persi alla Camera potrebbero bastare per far saltare la maggioranza repubblicana». A chi parla di «tradimento», Giuliani risponde: «Non so se sia un tradimento. Forse una delusione personale tra Musk e Trump. Ma non c'è rottura ideologica, solo un balletto di pressioni mal gestite. Politica di personalità, non di contenuti». E poi l'affondo: il riferimento da parte di Musk al caso Epstein. «Quello è stato vile», sbotta Giuliani. «Trump non ha mai avuto nulla a che fare con Epstein. Anzi, lo ha cacciato da Mar-a-Lago. Elon lo sa. Quello è stato un colpo basso, meschino». Che fare ora? Giuliani ha un consiglio semplice per Musk: «Ha già chiesto scusa. Poi ci ha ripensato. Ora dovrebbe chiedere scusa e mantenere la parola. Trump sa perdonare. Ma questa altalena non regge». La previsione finale è netta: «Entro fine anno si ricomporrà. Ma se Musk vuole restare in politica, deve scegliere: o impara le regole del campo, oppure torni a costruire razzi. Perché nel fango della politica americana, i satelliti non volano».
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