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Salutequità: "Cresce richiesta aiuto ma solo 3% Fsn a politiche salute mentale"
Oggi 30-09-25, 16:14
Roma, 30 set. (Adnkronos Salute) - "A fronte di una domanda di assistenza che cresce, l'Italia destina solo il 3% del Fondo sanitario nazionale alle politiche per la salute mentale, con una spesa pro-capite (69,8 euro) nettamente inferiore a Francia (510), Germania (499) e Regno Unito (344). La dotazione di personale (60 operatori ogni 100mila abitanti) è inferiore del 25% rispetto allo standard nazionale necessario definito da Agenas, sottoscritto da Regioni, ministero della Salute e Mef, di 83, con forti squilibri regionali (da oltre 100 operatori in Trentino a meno di 30 in Basilicata). E anche sulla salute del cervello si procede tra attenzione crescente, accompagnata da ritardi, e differenze territoriali come mette in evidenza l'Osservatorio Salutequità". Così in una nota Salutequità che lancia l'allarme "disuguaglianze regionali" e avverte: "Servono più personale e controllo dell'assistenza, più risorse e cure accessibili". Aumentano i bisogni della popolazione con sofferenza mentale, "si contraggono i servizi sanitari dedicati" e persistono "ancora troppe disuguaglianze nell'accesso ai servizi - si legge - Nel 2023 i servizi di salute mentale hanno seguito 854.040 utenti (+10% rispetto al 2022), con un incremento dei casi di disturbi psichiatrici, ideazione suicidaria e autolesionismo in età adolescenziale. Ciò nonostante, nel 2022 si sono ridotte rispetto al 2020 le strutture per l'assistenza psichiatrica sul territorio, sebbene gli utenti in carico ai servizi siano tornati ai livelli pre-pandemia. Calano le dotazioni di personale e delle risorse disponibili, e si riducono le prestazioni erogate agli assistiti rispetto ai livelli precedenti alla pandemia, che hanno registrato una lieve ripresa solo nel 2023". Durante le fasi acute dell'emergenza Covid, "moltissime prestazioni di salute mentale (psicoterapia, attività riabilitative, strutture semi-residenziali e day hospital) hanno registrato riduzioni comprese approssimativamente tra il ‑45% e il ‑95%, a seconda del tipo di servizio - riporta Salutequità - Il numero totale di utenti assistiti è diminuito da circa 826mila (2019) a circa 778.700 (2021), un calo di qualche decina di migliaia. Poi c'è stato il recupero che ha portato il numero nel 2023 a cica 854mila utenti". Non solo. "Persistono divari territoriali significativi: le prestazioni per utente variano da 33 in Friuli Venezia Giulia a meno di 9 in Molise, Campania e Sicilia (media Italia 13,6/utente). Le prestazioni sono terapeutiche nel 71,4% dei casi, socio-riabilitative nel 18,1%, assistenziali nell'8,4% e diagnostiche nel 2,1%. Veneto, Lombardia, Calabria, Umbria e Marche registrano le percentuali più alte di prestazioni socio-riabilitative". Ancora, "l'Italia ha uno dei tassi più bassi di posti letto per cure psichiatriche in Europa (8,1 ogni 100mila abitanti) e il numero di dimissioni ospedaliere per disturbi mentali è tra i più bassi". In Italia si stimano circa 7 milioni di persone affette da emicrania, 12 milioni con disturbi del sonno, 1,2 milioni con demenza (720mila con Alzheimer), 800mila con esiti di ictus e 400mila con Parkinson. A ciò si aggiunge un quinto della popolazione con disturbi psichici, in prevalenza ansia e depressione, elenca Salutequità. "Negli ultimi anni - osserva - il quadro normativo e programmatorio del Ssn si è arricchito con provvedimenti che cercano di dare risposte come la legge n. 81/2020, che riconosce la cefalea primaria cronica come malattia sociale; il rifinanziamento del Fondo per Alzheimer e demenze (2024-2026); l'aggiornamento del Piano nazionale della cronicità con l'inclusione dell'epilessia; l'avvio del processo di definizione della nuova Strategia nazionale per la salute mentale, a oltre 10 anni dall'ultimo documento". L'Osservatorio Salutequità ha analizzato gli effetti dei provvedimenti sulla cefalea e lo stato dei servizi per la salute mentale per contribuire a questa priorità. "Il decreto attuativo per finanziare con 10 milioni di euro progetti innovativi di presa in carico delle persone con cefalea primaria cronica è arrivato con 2 anni di ritardo, nel marzo 2023 anziché a febbraio 2021 - evidenzia - Per le Regioni meno di 2 anni per progettazione, implementazione e valutazione, con scadenze ravvicinate: presentazione entro dicembre 2023, chiusura dei progetti entro dicembre 2024 e rendicontazione entro gennaio 2025. La maggior parte delle Regioni ha rispettato i termini per la presentazione dei progetti, ma stando alla nostra desk research le evidenze disponibili sui risultati sono ancora limitate e frammentarie (solo 3 Regioni hanno anticipato i dati con dichiarazioni, comunicati o documenti). I progetti hanno obiettivi differenziati - riduzione dei tempi diagnostici, definizione di Pdta, telemedicina, campagne informative, formazione di Mmg/Pls - e raramente includono stanziamenti aggiuntivi oltre i fondi ministeriali (Veneto ha stanziato +50mila euro; Puglia e Piemonte valuteranno l'opportunità). Gli indicatori individuati dalle Regioni per monitorare il successo degli interventi sono eterogenei: si va dalla piattaforma di telemedicina e il numero di rinnovi di piano terapeutico attraverso televisita, al numero di centri che rispondono ad una survey di mappatura; dal numero di persone prese in carico con farmaci innovativi rispetto agli aventi diritto, all'impatto della riorganizzazione territoriale sui Ps, al numero di professionisti formati. Non esiste una piattaforma informatizzata unica o un report di sintesi che possa aiutare ad avere una linea di indirizzo unica, rischiando così di incrementare le disuguaglianze sul territorio e compromettere l'efficacia complessiva dell'intervento". "La riforma territoriale del Dm 77/22 - conclude l'analisi di Salutequità - prevede che nelle Case della comunità i servizi di salute mentale, dipendenze patologiche e neuropsichiatria infantile non siano obbligatori, ma raccomandati, lasciando quindi la valutazione e la scelta alle singole Regioni. Secondo Agenas, a giugno 2025 solo 293 delle 660 Case della comunità (Cdc) attive hanno un servizio per la salute mentale, 117 per le dipendenze patologiche e 188 per la neuropsichiatria infantile e adolescenziale. Le Cdc con servizi per la salute mentale sono più diffuse in Emilia Romagna (81 su 140), Lombardia (77 su 142) e Veneto (63 su 131). Calabria e Pa di Trento, pur avendo solo 2 Cdc ciascuna, le hanno dotate di servizi per la salute mentale. In 4 regioni si concentrano più dei due terzi dei servizi di neuropsichiatria infantile e adolescenza: Lombardia (48), Emilia Romagna (36), Veneto (32) e Lazio (25). Passando ai servizi per le dipendenze patologiche, il numero di servizi attivi nelle Cdc si riduce ulteriormente e la concentrazione dei circa i due terzi dei servizi presenti (77 su 117) si concentra in 3 regioni: Lombardia 41; Emilia Romagna 20 e Veneto 16". "Se da una parte la salute mentale e del cervello è sempre più una priorità per la popolazione, dall'altra risulta troppo residuale nelle politiche sanitarie pubbliche. Basti pensare che l'Italia destina solo il 3% del Fondo sanitario nazionale alle politiche per la salute mentale, con una spesa pro-capite pari a 69,8 euro, nettamente inferiore a Francia con 510 euro, Germania con 499 euro e Regno Unito con 344 euro". Così Tonino Aceti, presidente di Salutequità, commentando un'analisi dell'Osservatorio Salutequità dedicata alla salute mentale. "Anche la bozza di 'Piano di azione nazionale sulla salute mentale 2025-2030' trasmesso alle Regioni non ha alcun tipo di stanziamento di risorse specificatamente dedicate alla sua attuazione, oltre a non contenere alcun tipo di cronoprogramma con tempistiche precise relative al raggiungimento degli obiettivi", rileva Aceti. "Anche per quanto riguarda la definizione degli standard nazionali di servizio c'è molto lavoro da fare - aggiunge - come pure sul rafforzamento del personale sanitario, senza dimenticare che all'interno del sistema di verifica e controllo dell'assistenza nei confronti delle Regioni, e cioè il Nuovo sistema di garanzia dei Lea (livelli essenziali di assistenza), ad oggi possiamo contare solo su un solo indicatore 'core' sulla salute mentale". "E' evidente che questo tipo di fragilità merita ben più attenzione da parte delle istituzioni sanitarie. Il rischio, se non si cambia passo - avverte il presidente di Salutequità - è che nei fatti si continuerà a lasciare sole le famiglie con tutto quello che ciò comporta, a partire dalla loro perdita di fiducia nel Servizio sanitario nazionale".
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