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Schlein e Landini gli affossa-lavoro: Pd e Cgil boicottano i ricercatori italiani
Oggi 16-05-25, 07:37
Immaginate un grande treno che passa, e non poterlo prendere. È la spada di Damocle che pende sui ricercatori italiani, che secondo le normative di un rigidissimo “contratto di ricerca”, introdotto dal governo Draghi, rischiano di non poter accedere a nuovi bandi per 1,25 miliardi di euro nel 2025 emessi dalla Commissione Europea, nell'ambito della “Marie Sklodowska Curie Actions”. Si tratta di una potenziale montagna di opportunità, che però le menti italiane non possono scalare. Lo aveva denunciato, qualche giorno, fa, una lettera appello delle principali istituzioni scientifiche italiane, insieme al Premio Nobel Giorgio Parisi. In quel testo, si faceva riferimento al fatto che «a partire da gennaio 2025, è entrata in vigore l'abolizione degli assegni di ricerca, una decisione ereditata dall'attuale Governo. Questo cambiamento normativo ha lasciato il sistema nazionale senza uno strumento contrattuale adeguato per assumere i giovani dottorandi che partecipano ai progetti europei Marie Sklodowska-Curie (MSCA), finanziati al 100% dalla Commissione Europea. Tali progetti, che da quasi trent'anni rappresentano un pilastro della cooperazione scientifica europea, sono oggi a rischio per le istituzioni italiane, che non possono più rispettare gli obblighi previsti dai contratti di finanziamento». Dunque, una lacuna molto chiara. E molto pericolosa. A evidenziarla, gli addetti ai lavori, non certo sinergici a questo governo. Per rimediare a tutto questo l'Esecutivo, per iniziativa del ministro dell'Università Anna Maria Bernini e del Presidente del Consiglio Meloni, aveva presentato un ddl che ha iniziato il suo iter. Ma su cui la Cgil, che anche su questo tema incontra il pieno supporto della sinistra, ha presentato un esposto -segnalazione presso la Commissione Europea, paventando il rischio che si aggiri un "milestone" del Pnrr. Di fronte a questo incaglio, il ministro Bernini aveva lanciato, anche lei, un appello: «Se i ricercatori italiani sono capitale umano e non capitale politico, è il momento di affrontare seriamente la questione del loro inquadramento professionale. Quello che rinnovo è un appello alle forze politiche e sindacali del Paese: basta propaganda sulla pelle dei ricercatori, stop slogan sulle spalle di chi fa innovazione. È il tempo delle soluzioni». Invitando, dunque, a trovare una via condivisa per uscirne. A questo appello, però, il centrosinistra ha risposto nel peggiore dei modi. Esponenti di Pd, M5S, Avs hanno, di fatto chiuso la porta a ogni dialogo: «Nessun miglioramento e nessuna integrazione del contratto di ricerca possono essere utili se non si affronta il problema delle risorse». Dunque, appello respinto. Peraltro, esisterebbe uno strumento, più veloce dell'iter del ddl per poter ovviare a questo impasse. È nell'emendamento presentato a doppia firma dai Senatori Mario Occhiuto di Forza Italia ed Elena Cattaneo (quest'ultima senatrice a vita, non certo vicina per identità culturale al centrodestra) al Dl scuola. Questa proposta interverrebbe introducendo due nuovi istituti contrattuali da utilizzare negli atenei e negli enti pubblici. Approvarlo a colpi di maggioranza? Tecnicamente sarebbe possibile. Solo che avrebbe una controindicazioni: prestare il fianco a degli esposti che, stante questo atteggiamento della sinistra, sarebbero quasi automatici e avrebbero come “vittime finali” i ricercatori. E Fonti del Ministero dell'Università e Ricerca, ieri dopo l'annuncio dello stanziamento di 1,2 miliardi dei fondi Mur, affermavano: «Rammarica molto che i ricercatori italiani, come denunciato da tutta la comunità accademica, rischiano di essere esclusi da questa straordinaria opportunità». Che questo caos sia generato da quel mondo progressista che si è sempre auto arrogato il monopolio della conoscenza è l'ennesima contraddizione.
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Il Tempo
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