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Se l'Islam radicale alberga nel cuore dell'Europa
Oggi 05-07-25, 14:50
A Udine un ignobile atto vandalico deturpa la pietra d'inciampo dedicata a Leone «Nello» Jona, deportato e assassinato ad Auschwitz il 7 settembre 1944. La scritta «Gaza» non è solo affronto alla memoria di un uomo strappato alla vita dalla barbarie nazista, ma l'ennesimo segnale inquietante di un vento criminale che soffia in Europa, voluto, cercato e coltivato da quel sentimento diffuso che prova da decenni di pareggiare il conto con l'Olocausto: gli ebrei hanno subito (a suo tempo), ma ora, finalmente, possiamo tornare ad attaccarli: loro sono i veri carnefici. Da Parigi a Londra, da Bruxelles a Roma, l'intolleranza rinasce, mascherata da critica a Israele che, pur legittima in alcuni casi specifici, si trasforma in un assalto totale. Questa ossessione sfocia in alleanze perverse con chi predica la jihad, un'ideologia che trova terreno fertile nelle capitali europee. Così, proprio così, l'Islam radicale, indebolito in Medio Oriente dagli Accordi di Abramo, cerca oggi di rialzare la testa proprio qui. Quegli accordi, siglati tra Israele e diversi Paesi arabi, dimostrano che pace e cooperazione vincono sull'odio settario. La vera speranza per il Medio Oriente, e persino per i palestinesi, risiede nella disfatta di Iran, Assad, Hezbollah e Hamas – regimi e milizie che alimentano il caos e soffocano ogni prospettiva di convivenza. Dunque, chi odia Israele odia questa speranza, preferendo il perpetuarsi di un conflitto che giova solo ai suoi nemici mortali e all'instabilità regionale. Ma la vera tragedia è (anche) politica. Parte della sinistra odia l'Occidente con un fervore che rasenta il masochismo, ignorando che le libertà di cui gode nascono da quella stessa cultura che disprezza. Tra i perfetti interpreti di questa deriva ci sono coloro che usano il termine «genocidio» per descrivere quanto accade a Gaza, una tragedia indubbia, ma strumentalizzata con un'etichetta che trasuda falsità da tutti i pori. Figure come Rula Jebreal e Alessandro Di Battista, indipendentementedalleloro intenzioni, si fanno (nella sostanza) involontari alleati dell'Islam radicale, sabotando un equilibrio mediorientale possibile, aprendo un fronte europeo (e italiano) che viene usato proprio da quell'alleanza del terrore che batte in ritirata a Teheran, a Damasco, nel sud del Libano e persino a Gaza, dove le ostilità verso Hamas si fanno di giorno in giorno sempre più frequenti. E allora dobbiamo dire forte e chiaro che la memoria di Jona, come quella di milioni di vittime dell'Olocausto, merita rispetto e una risposta vigorosa. Non basta condannare il vandalismo: serve un risveglio collettivo contro chi, col pretesto di combattere un nemico immaginario, stringe mani sporche di sangue. L'Europa deve scegliere: difenda i suoi valori fondanti o finirà travolta da un'onda che, iniziata con una svastica su una pietra, rischia di sommergere tutto.
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