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Stretto di Hormuz, quel passaggio strategico per il petrolio destinato a Occidente e Oriente
Oggi 21-06-25, 07:50
Il Golfo dell'Oman è un tratto del Mare Arabico, compreso fra la costa dell'Oman e quella più meridionale dell'Iran. Di qui passa circa il 30% del petrolio mondiale. Il Golfo dell'Oman è separato dal Golfo Persico dallo Stretto di Hormuz e si estende per 560 chilometri, arrivando a una larghezza massima di 320 chilometri. In pratica è un braccio di mare, un po' più largo e un po' meno lungo dell'Adriatico. È qui che si sta giocando, come accaduto in passato, una pericolosa "guerra ombra" che vede contrapposti Stati Uniti e Israele contro l'Iran. Lo stretto di Hormuz è il punto chiave della regione, è da qui che si passa dal Golfo di Oman al Golfo Persico, su cui si affacciano vari Stati, in primis l'Iran, che ne costituisce l'intera costa settentrionale (circa 2.400 km), seguito da Iraq, Kuwait, Arabia Saudita, Bahrain, Qatar e Oman. Il budello di Hormuz è il crocevia mondiale del petrolio via nave. Da un punto di vista geopolitico il Golfo Persico è l'unica area che separa l'Iran dalle monarchie del Golfo e, di conseguenza, dalle basi statunitensi presenti sul loro territorio. Ma, soprattutto, è tra le più grandi riserve di petrolio e gas al mondo e pertanto uno dei principali snodi per il commercio globale di idrocarburi. In media oltre 20 milioni di barili attraversano lo stretto di Hormuz su base giornaliera. La partita che si gioca in quest'area, è dunque di primaria importanza economica e geopolitica. Allo stato attuale è solo possibile ipotizzare i vari schieramenti in cui oggi è diviso il Golfo Persico mentre Israele e Stati Uniti si contrappongono all'Iran nel Golfo dell'Oman. Inoltre l'Iran potrebbe voler riaffermare il proprio controllo sullo Stretto di Hormuz, l'importantissimo checkpoint da cui transita circa il 30% del petrolio commerciato via mare. Dopo l'attacco israeliano all'Iran la prima conseguenza economica è stato il balzo del prezzo del greggio con il Brent che tornato sopra i 74 dollari al barile per chiudere al +7%. È stata un'impennata giornaliera che non si vedeva dal 2022, quando la Russia ha invaso l'Ucraina. Secondo JP Morgan se l'Iran dovesse bloccare il passaggio, i prezzi potrebbero arrivare a 120 dollari al barile con conseguenze molto importanti sulla vita di tutti i giorni a livello globale. Tuttavia, gli stessi analisti sottolineano che questo scenario rimane improbabile, dato che lo Stretto non è mai stato chiuso nella storia moderna nonostante le numerose minacce. Ma dallo stretto di Hormuz non passa solo il greggio. Attraverso quel tratto di mare passano i cargo carichi di Gnl che dal Qatar vanno in Europa, nel Middle East asiatico e in Cina. E proprio Pechino, che è la seconda economia al mondo dopo gli Stati Uniti, è un grande acquirente di petrolio iraniano (circa 1,5 milioni di barili al giorno). Se tali forniture dovessero interrompersi, la Cina sarebbe costretta a rifornirsi altrove, a prezzi più alti con conseguenze a catena per l'inflazione globale. Un'ipotesi, la chiusura di Hormuz, che né l'Occidente né l'Oriente possono prendere in considerazione visto il caos che stanno già generando gli Houthi nello Yemen e nel Golfo di Aden, tenendo sotto scacco la porta di ingresso nel Mar Rosso.
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