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Telefonata del Papa con Zelensky e l'incontro con i media. E sul primo viaggio...
Oggi 12-05-25, 11:47
Papa Leone XIV ha incontratoin Vaticano giornalisti e rappresentanti dei media: "Cari amici, impareremo con il tempo a conoscerci meglio. Abbiamo vissuto - possiamo dire insieme - giorni davvero speciali. Li abbiamo, li avete condivisi con ogni mezzo di comunicazione: la TV, la radio, il web, i social. Vorrei tanto che ognuno di noi potesse dire di essi che ci hanno svelato un pizzico del mistero della nostra umanità, e che ci hanno lasciato un desiderio di amore e di pace", ha detto Papa Robert Francis Prevost, il primo stratunitense della storia della Chiesa. Leone XIV salutando i giornalisti e gli operatori media ha incontrato anche una giornalista peruviana che gli ha donato una sciarpa tipica che Prevost ha indossato per il selfie scattato con la professionista. Lasciando l'Aula Paolo VI, il Pontefice si è intrattenuto a parlare con un operatore tv che ha mostrato la bandiera del Perà, Paese in cui ha a lungo servito. "Lo so, lo stiamo preparando", ha detto il Papa rispondendo alla domanda confermando l'ipotesi di un viaggio a Nicea, per l'anniversario dello storico Concilio. E c'è stata anche la prima telefonata tra il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e Leone XIV. A darne notizia è lo stesso Zelensky, su Telegram. "È stata la nostra prima conversazione, ma è stata già molto calorosa e davvero significativa", scrive Zelensky, che ringrazia papa Leone XIV "per il sostegno all'Ucraina e a tutto il nostro popolo. Apprezziamo molto le parole di Sua Santità sulla necessità di raggiungere una pace giusta e duratura per il nostro Paese e sulla liberazione dei prigionieri". Ecco il testo integrale del suo intervento: Fratelli e sorelle! Do il benvenuto a voi, rappresentanti dei media di tutto il mondo. Vi ringrazio per il lavoro che avete fatto e state facendo in questo tempo, che per la Chiesa è essenzialemente un tempo di Grazia. Nel “Discorso della montagna” Gesù ha proclamato: «Beati gli operatori di pace» (Mt 5,9). Si tratta di una Beatitudine che ci sfida tutte e che vi riguarda da vicino, chiamati a costruire un ponte avanti una comunicazione diversa, che non ricerca il consenso a tutti i costi, non si riveste di parole aggressive, non sposa il modello della competizione, non separa mai la ricerca della verità dall'amore con cui ultimamente dobbiamo cercarla. La pace comincia da ognuno di noi; dal modo in cui guardiamo gli altri, ascoltiamo gli altri, parliamo degli altri; e, in questo senso, il modo in cui comunichiamo è di fondamentale importanza: dobbiamo dire “no” alla guerra delle parole e delle immagini, dobbiamo respingere il paradigma della guerra. Permettetemi allora di ribadire oggi la solidarietà della Chiesa ai giornalisti incarcerati per aver cercato e raccontato la verità, e di chiedere la liberazione. La Chiesa riconosce in questi testimoni – penso a coloro che raccontano la guerra anche a costo della vita – il coraggio di chi difende la dignità, la giustizia e il diritto dei popoli a essere informati, perché solo i popoli informati possono fare scelte libere. La sofferenza in questi giornalisti imprigionati interpella la coscienza delle Nazioni e della comunità internazionale, richiamando tutti noi a custodire il bene prezioso della libertà di espressione e di stampa. Grazie, cari amici, per il vostro servizio alla verità. Voi siete stati a Roma in queste settimane per raccontare la Chiesa, la sua varietà e, insieme, la sua unità. Avete accompagnato i riti della Settimana Santa; avete poi raccontato il dolore per la morte di Papa Francesco, avventura per nella luce della Pasqua. Quella stessa fede pasquale ci ha introdotti nello spirito del Conclave, che vi ha visti particolarmente impegnati in giornate faticose: e, anche in questa occasione, siete riusciti a narrare la bellezza dell'amore di Cristo che ci unisce tutti e ci fa essere un unico popolo, guidato dal Buon Pastore. Viviamo tempi difficili da percorrere e da raccontare, che rappresentano una sfida per tutti noi e che non dobbiamo fuggire. Al contrario, essi chiedono a ciascuno, nei nostri diversi ruoli e servizi, di non cedere mai alla mediocrità. La Chiesa deve accettare la sfida del tempo e, allo stesso modo, ci possono essere una comunicazione e un giornalismo fuori dai tempi dalla storia. Come ci ricorda Sant'Agostino, che dice: «Viviamo bene e i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi» (Discorso 311). Grazie, dunque, di quanto avete fatto per uscircire dagli stereotipi e dai luoghi comuni, attraverso i quali leggiamo spesso la vita cristiana e la stessa vita della Chiesa. Grazie, perché siete riusciti a cogliere l'essenziale di quel che siamo, e a trasmetterlo con ogni mezzo al mondo intero. Oggi, una delle sfide più importanti è quella di promuovere una comunicazione capace di far uscire dalla “torre di Babele” in cui talvolta ci troviamo, dalla confusione di linguaggi, spesso ideologici o faziosi. Perché, il vostro servizio, con le parole che usate e lo stile che adottate, è fondamentale. La comunicazione, infatti, non è solo trasmissione di informazioni, ma è creazione di una cultura, di ambienti e dignità che diventino spazi di dialogo e di confronto. E guardando all'evoluzione tecnologica, questa missione diventa ancora più necessaria. Penso, in particolare, all'intelligenza artificiale col suo potenziale immenso, che richiede, però, responsabilità e discernimento per orientare gli strumenti al bene di tutti, così che possano produrre benefici per l'umanità. E questa responsabilità riguarda tutti, in proporzione all'età e ai ruoli sociali. Cari amici, impareremo con il tempo a conoscere meglio. Abbiamo vissuto – possiamo dire – insieme – giorni davvero speciali. Li abbiamo vissuti con occhi diversi di comunicazione: la TV, la radio, il web, i social. Vorrei tanto che ognuno di noi potesse dire di essi che ci hanno svelato un pizzico del mistero della nostra umanità, e che ci hanno lasciato un desiderio di amore e di pace. Per questo ripeto a voi l'invito fatto da Papa Francesco nel suo ultimo messaggio per la prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: disarmiamo la comunicazione da ogni pregiudizio, rancore, fanatismo e odio; purifichiamola dall'aggressività. Non serve una comunicazione fragorosa, ma piuttosto una comunicazione capace di ascoltare, di raccogliere la voce dei deboli che non hanno voce. Disarmiamo le parole e contribuiamo a disarmare la Terra. Una comunicazione disarmante e disarmata ci permette di condividere uno sguardo diverso sul mondo e di agire in modo più fraterno con la nostra dignità umana. Voi siete in prima linea nel narrare i conflitti e le speranze di pace, le situazioni di ingiustizia e di povertà, e il lavoro silenzioso di tanti per un mondo migliore. Per questo vi chiedo di scegliere consapevolmente e coraggio la strada di una comunicazione di pace. Grazie. Che Dio vi benedica! E arrivederci.
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