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Trump fa causa al New York Times: quanto chiede come risarcimento
16-09-2025, 08:26
Mai farsi nemico Donald Trump. Perché può passare del tempo ma di sicuro l'attuale inquilino della Casa Bianca non dimentica quelli che ritiene essere dei torti subiti. E per rivalersi su quelli che considera essere una sorta di suoi detrattori è pronto a compiere azioni legali. Nelle ultime ore il presidente degli Stati Uniti ha fatto sapere di aver intentato una causa per diffamazione da 15 miliardi di dollari contro il celebre quotidiano americano New York Times e quattro suoi giornalisti. La causa, depositata presso la Corte Distrettuale degli Stati Uniti in Florida, cita diversi articoli e un libro scritti da due giornalisti della testata e pubblicati in vista delle elezioni del 2024. "Oggi ho il grande onore di intentare una causa per diffamazione e calunnia da 15 miliardi di dollari contro il New York Times, uno dei peggiori e più degenerati giornali nella storia del nostro Paese, diventato un “portavoce“ virtuale del Partito Democratico di Sinistra Radicale", ha scritto Trump sul social Truth. Secondo Trump si è trattato del "più grande contributo illegale a una campagna elettorale di sempre. Il loro appoggio a Kamala Harris è stato addirittura messo in prima pagina sul New York Times, cosa inaudita fino ad allora". Il presidente Usa scrive che il New York Times "ha utilizzato per decenni il metodo di mentire sul vostro Presidente preferito (io!), sulla mia famiglia, sulla mia attività, sul Movimento America First, sul Maga e sulla nostra Nazione nel suo complesso. Al New York Times è stato permesso di mentire, diffamare e calunniare liberamente per troppo tempo, e tutto questo finisce adesso". Al momento il Nyt non ha risposto alle richieste di un commento della vicenda. Questa non è la prima azione legale di Trump contro aziende mediatiche da quando è tornato alla presidenza. A luglio, ad esempio, Paramount Global aveva raggiunto un accordo con il presidente americano riguardo una causa che accusava l'emittente tv CBS di interferenza elettorale per aver trasmesso nel mese di ottobre due versioni diverse di un'intervista di 60 Minutes con Kamala Harris, allora vicepresidente Usa.
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