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Usano i morti di Gaza per farsi il Referendum. La solita sinistra
Oggi 08-06-25, 07:22
Come promesso, un solo slogan: «Free Palestine». Migliaia di striscioni contro lo Stato «terrorista» e tante kefiah a perdita d'occhio. L'unico ad avvicinarsi al corteo con la bandiera di Israele (ed una arcobaleno) è però il giornalista Klaus Davi, «due manifestanti me l'hanno sottratta», ha denunciato dopo. D'altra parte lungo il tragitto, nessun riferimento agli ostaggi in mano ad Hamas dal 7 ottobre 2023, e naturalmente nulla da dire sul governo che gestisce la Striscia di Gaza dal 2007, in un clima di abusi e terrore. È la piazza di Elly Schlein, Giuseppe Conte e del duo Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, che verso le 14 comincia a muoversi dall'Esquilino verso San Giovanni. Per gli strateghi del Nazareno è anche l'antipasto del referendum, un due per uno che incoraggerebbe l'affluenza ai seggi. Pierluigi Bersani offre una pratica dimostrazione: sfila davanti alle telecamere con un cappellino rosso che incita a votare cinque sì. Peraltro il corteo procede a senso unico, vittime e aggressori restano in bianco e nero, senza mai confondersi o sovrapporsi. Non c'è storia, piuttosto una verità senza aggiornamenti: da una parte i «buoni» (in senso lato), dall'altra i cattivi per definizione: Israele. Qualcuno improvvisa, «yankee go home», nostalgia canaglia. Lungo il serpentone della manifestazione, c'è spazio per un altro «cattivo»: Giorgia Meloni. La presidente del Consiglio compare in diversi manifesti, in uno è ritratta accanto al presidente israeliano Netanyahu con la scritta: «Ma quale genocidio? È solo uno sterminio». Un manifestante si aggira per piazza Vittorio Emanuele II con la bandiera palestinese intorno alla vita e sulla schiena la foto di Netanyahu e della premier, accostata a quella di Mussolini e Hitler. Altro spunto «creativo»: un cartello con scritto «Sono padre, sono cristiano, sono nonno, sono italiano, non sono assassino», che suscita l'apoteosi dei manifestanti al suo passaggio. I leader sono in testa al corteo, uniti nel reggere lo stesso striscione e durante l'attesa, cantano in coro «Bella Ciao». La delegazione democratica è nutrita, guidata dalla segretaria Elly Schlein insieme al presidente del partito Stefano Bonaccini, al presidente dei senatori Francesco Boccia, al responsabile esteri Giuseppe Provenzano, e alla capogruppo Chiara Braga. Si rivede Massimo D'Alema, pronto a dispensare consigli: «Bisogna stoppare l'accordo di associazione con Israele». L'unico in giacca è l'impeccabile Giuseppe Conte, mentre Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni scelgono la t-shirt, la segretaria Schlein opta per la divisa d'ordinanza, camicia bianca e jeans. C'è anche la componente «ma anche», i riformisti, che venerdì erano a Milano: Lorenzo Guerini e Filippo Sensi. Dietro c'è posto per il governatore Vincenzo De Luca, a pochi metri di distanza Roberto Fico, della serie incontri da evitare. All'interno del corteo ammessa una delegazione di oppositori ProPal che sottolineano: «Le forze oggi all'opposizione, quando erano al Governo, hanno toccato il record di Pierluigi Bersani «C'era il sole, mi hanno allungato un cappellino e l'ho preso. Se Procaccini mi avesse dato un borsalino avrei messo quello» esportazione di armi a Israele, soprattutto con il Conte 2». Nel frattempo dal palco di piazza San Giovanni iniziano a parlare gli oratori selezionati dal «campo stretto» della sinistra. Senza infingimenti Rula Jebreal: «È importantissimo definire quello che sta accadendo a Gaza: è un genocidio». La parola 7 ottobre compare solo durante l'intervento del giornalista Gad Lerner. Sarà un caso, ma tra la folla scatta qualche sonoro fischio. I toni apocalittici tornano con Luisa Morgantini, l'anziana pasionaria ProPal, che usa uno slogan controverso: «Tutti liberi dal fiume al mare», ovvero senza lo Stato di Israele. È la volta dei leader, rigorosamente in ordine alfabetico. La segretaria dem e l'ex Presidente del Consiglio ripetono dal palco la formula «magica»: «Non siamo antisemiti».
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