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Vance a Netanyahu: "La pace a Gaza reggerà". Ma Israele vuole annettere la Cisgiordania
Ieri 22-10-25, 22:10
Il vicepresidente degli Stati Uniti J.D. Vance ha incontrato a Gerusalemme il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e ha affermato di essere “ottimista” sul fatto che la tregua nella Striscia di Gaza “reggerà”. “Ci vuole tempo ma quello che ho visto negli ultimi giorni dimostra che siamo sulla strada giusta”, ha aggiunto. “Questo potrebbe essere un modello per altri accordi di pace in tutto il mondo”, ha sottolineato Vance, che ha esortato Netanyahu a dare a Washington il tempo di attuare il piano. Il premier ha risposto dimostrando la “disponibilità a collaborare” nelle fasi successive. Netanyahu ha però delineato diverse linee rosse, tra cui l'assoluta opposizione a che la Turchia, l'Autorità Nazionale Palestinese e Hamas svolgano un ruolo di governo dopo la guerra. Chiedendo inoltre che il ritiro completo delle Idf avvenga solo dopo il completo disarmo del movimento islamico e la smilitarizzazione della Striscia. Una fonte vicina al presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato che il Capo della Casa Bianca è soddisfatto del fatto che “finora gli Usa siano riusciti a tenere in riga entrambe le parti”, riferendosi a Israele e Hamas. La Corte internazionale di giustizia ha emesso un parere consultivo, affermando che Israele è legalmente obbligato a consentire all'agenzia di soccorso palestinese delle Nazioni Unite di fornire aiuti umanitari a Gaza, sottolineando che la fornitura di aiuti alla Striscia durante la guerra è stata inadeguata. La corte ha respinto la principale argomentazione di Israele a sostegno della legislazione che blocca le operazioni dell'Unrwa, ovvero che l'organizzazione non sarebbe più imparziale a causa dell'”infiltrazione” da parte di Hamas. Secondo la corte “non vi sono prove che l'Unrwa abbia violato i requisiti di imparzialità previsti dall'articolo 59 della Quarta Convenzione di Ginevra”, riguardo la discriminazione nella fornitura di aiuti umanitari. Il parere consultivo ha stabilito che Israele è tenuto a garantire che la popolazione di Gaza, così come della Cisgiordania e di Gerusalemme Est, “abbia i beni essenziali per la vita quotidiana, tra cui cibo, acqua, vestiario, biancheria da letto, riparo, carburante, forniture mediche e servizi”. Il parere consultivo è stato emesso con 10 voti contro uno, con la vicepresidente della corte Julia Sebutinde che ha espresso il dissenso, scrivendo che la corte non ha “considerato sufficientemente” l'infiltrazione di Hamas. Il Ministero degli Esteri israeliano ha respinto il parere, aggiungendo che lo Stato ebraico “non coopererà con un'organizzazione infestata da terroristi”. Intanto l'inviato degli Stati Uniti per il Medio Oriente Steve Witkoff e il consigliere Jared Kushner sono partiti da Israele per Ryad, dove hanno incontrato alti funzionari sauditi per raccogliere ulteriore sostegno all'accordo di pace per Gaza. Dall'Arabia hanno proseguito per Abu Dhabi per incontrare funzionari emiratini con lo stesso obiettivo. Gli incontri puntano a mobilitare il sostegno finanziario, militare e diplomatico degli Stati arabi al piano per Gaza. Mentre l'ala militare della Jihad islamica, una fazione palestinese della Striscia di Gaza, ha dichiarato la “piena adesione all'accordo di cessate il fuoco raggiunto a Sharm el-Sheikh”. E ha annunciato che valuterà “il livello di impegno di Israele sul campo” e, di conseguenza, ha fatto sapere un portavoce, “applicheremo il nostro impegno nella stessa misura di quello di Israele". Il ministro degli Esteri dello Stato ebraico Gideon Sa'ar ha telefonato all'omologo del Bahrein, Abdullatif bin Rashid Al Zayani, con cui ha discusso del piano del presidente americano per Gaza. “Abbiamo espresso il nostro reciproco impegno a lavorare per il suo successo”, ha dichiarato. Mentre Anwar Gargash, consigliere diplomatico del presidente degli Emirati Arabi Uniti, ha chiesto un compromesso per porre fine al conflitto in Medio Oriente, garantendo sicurezza a Israele e uno Stato sostenibile per i palestinesi. A creare imbarazzo a Benjamin Netanyahu nei rapporti con Washington ha contribuito la Knesset. I parlamentari hanno approvato, in prima lettura, un disegno di legge che applicherebbe la sovranità israeliana alla Cisgiordania, nonostante l'opposizione del primo ministro e del suo partito, il Likud. Gli Usa si oppongono con forza all'ipotesi di annessione. Fatto sta che tutti i deputati del Likud, tranne uno (Yuli Edelstein, che è poi stato espulso dal partito), hanno boicottato il voto. Il disegno di legge ora passerà alla Commissione Affari Esteri e Difesa della Knesset per ulteriori deliberazioni. Il provvedimento afferma che “lo Stato di Israele applicherà le sue leggi e la sua sovranità alle aree di insediamento in Giudea e Samaria, al fine di stabilire lo status di queste aree come parte inseparabile dello Stato sovrano di Israele”. Approvato dalla Knesset anche un altro disegno di legge, più limitato, per annettere un importante insediamento urbano in Cisgiordania, nonostante l'opposizione di Netanyahu e del Likud.
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