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Addio a Re Giorgio: Non tiratelo per la giacca
Oggi 05-09-25, 05:59
Aristotele ci ha insegnato che tutto è politica, dunque anche l’ultimo capitolo del romanzo di Giorgio Armani è destinato a una lettura politica. La si vede già tra le righe, il tentativo di incasellarlo, di trascinarlo nell’ultimo saluto verso lidi illuministi e progressisti. Per favore, non tirategli la giacca. Armani e la sinistra non sono né parenti né vicini, qui siamo di fronte alla leggenda di un costruttore di immaginario e a un eccezionale creatore di impresa. Eppure mi è capitato di leggere ieri che Armani è stato «un liberatore delle donne», ora con tutto il rispetto per il suo genio assoluto e la visione totale, Giorgio non ha liberato nessuno se non il suo immenso talento, ha vestito divinamente le donne, su questo non ci sono dubbi, ne ha ammorbidito le linee, ne ha elevato la bellezza all’ennesima potenza, ma la “liberazione” è un fatto rivoluzionario, di progresso (e non di progressismo) che non è nella cifra pur stellare di Armani. Sul tema della liberazione delle donne gli esempi sono altri, Coco Chanel che fu un uragano di creatività, di relazioni (amorose e non), di inventività, capellino corto, tubino nero, Chanel. Elsa Schiaparelli, magnifica e inondata di surrealismo, fu una liberatrice delle donne, durò come un fulmine, ma il suo estro è rimasto. Mary Quant, la sua minigonna fu il pulsare degli anni ’60, un sottosopra culturale. Armani fu altro, cari compagni, fu prima di tutto una cosa alla Kandinskij (punto, linea, superficie) e fu un’esperienza nuova anche per i maschi, basta dare una ripassata al guardaroba di alcuni film (American Gigolò e Casinò) per vedere il salto spazio-temporale, quindi la teoria della liberazione della donna possiamo tranquillamente archiviarla, semmai ne fu l’esaltazione che è tutta un’altra storia. Nel breviario dell’appropriazione indebita progressista cosa può restare? I suoi capi non erano a buon mercato, dunque Armani non aveva il tratto necessario per diventare una figurina che riscatta il sottoproletariato, la sua filantropia è legata ai destini di Milano, città di sinistra (anche), ma dotata di un robusto pragmatismo conservatore; la sua passione per lo sport ha alimentato il basket, che è pop ma non “di massa”; quanto alle ultime trovate del mondo della moda nell’era woke, Armani non ne aveva bisogno e infatti non c’era alcun esibizionismo nel pubblico e nel privato, semmai una casta e sublime riservatezza. E a suo modo, come tutti, Giorgio fu religioso. Lasciate la sua giacca, non strattonatelo, la messa è finita, andate in pace.
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