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Andrea De Adamich, una vita da Grand Prix
Oggi 06-11-25, 11:36
Negli ultimi anni avrebbe voluto scrivere un libro, un memoriale della sua lunga e immensa vita, piena di tutto e di tutti, sempre a 300 all’ora. Non ce l’ha fatta, non ha fatto in tempo a iniziarlo, quel manoscritto: è arrivato in ritardo sotto il traguardo per questo obiettivo che si era prefissato dopo essere stato valente pilota in Formula 1 e nei prototipi, poi ottimo telecronista per l’allora Fininvest, giornalista puntuale in riviste specializzate, imprenditore con qualche rovescio e persino geniale fondatore di una scuola di guida sicura. Stiamo parlando di Andrea de Adamich che ci ha lasciato a 84 anni, tormentato negli ultimi tempi dai lancinanti dolori alle gambe, retaggi dei terribili incidenti che ebbe durante la prima vita, quella da pilota. Perché Andrea, nato a Trieste nel 1941 quando la seconda guerra mondiale infuocava l’Europa, affrontò i favolosi anni ’60 a modo suo: guidando monoposto, vincendo nel 1965 il campionato di Formula 3, poi l’Europeo Prototipi con l’Alfa Romeo nel 1966 e 1967 e debuttando con la Ferrari, in Formula 1, nel 1968. «Gli studenti facevano fuoco e fiamme in piazza, io cercavo di farli in pista», ci disse una volta. PROTAGONISTA Andrea non vinse mai un gran premio ma fu protagonista lo stesso con la Rosse e con team inglesi di prestigio quali McLaren, March, Surtees e Brabham. Due quarti posti i migliori risultati in cinque anni di Formula 1. Enzo Ferrari lo definì così nel raro libro Piloti che gente: «Non senza risultati, compagno di squadra di Ickx e Chris Amon, di de Adamich parlano le furbizie. Poi è diventato ottimo commentatore televisivo e uomo di relazioni pubbliche». In modo più schietto non avrebbe potuto dipingerlo, il Drake: dopo il ritiro, sofferente per terribili incidenti in gara - quasi mortale quello a Silverstone nel 1973 quando de Adamich, alla guida della Brabham, si fratturò entrambe le gambe - si riciclò alla sua maniera come eccellente telecronista per le reti berlusconiane, insieme a Guido Schittone. Creò dal nulla la trasmissione Grand Prix e il suo essere fiume in piena lo portò anche a fondare, sul circuito di Varano de’ Melegari, il Centro Internazionale Guida Sicura dove utilizzava modelli del marchio che più ha amato durante la sua lunga vita: l’Alfa Romeo. Amava il Biscione per davvero e si vantava: «Ho un museo privato con 60 Ferrari, 70 Maserati ma 150 Alfa!». Arturo Merzario lo ricorda così: «Piango un amico, un amico vero. Anzi un nemico-amico visto che le battaglie in pista fra noi restano memorabili. Abbiamo iniziato insieme 60 anni fa correndo con le Mini. Andrea era super-intelligente, lo ha dimostrato dopo il ritiro da pilota causato da quel terribile incidente del 1973 dove Jody Scheckter ebbe più di una colpa. Dove Andrea non è riuscito ad arrivare con il piede, lo ha fatto con la dialettica. Aveva ragione Ferrari a parlare di furbizia». Uomo deciso e mai banale, diretto e senza remore, De Adamich è stato anche un conservatore illuminato, lettore attento di Libero e capace di prendere il telefono per stigmatizzare oppure lodare un commento di Formula 1, magari suggerendo temi a chi aveva scritto il racconto di una corsa o dipinto un pilota di oggi. Equilibrato ma tagliente nei commenti, è stato anche un deciso fustigatore di costumi, persino parlando di Papa Francesco quando inviti una lettera al nostro quotidiano che conteneva riflessioni dure: «Con questo Papa che di rappresentante di Dio in terra ha proprio poco sono perplesso», scrisse senza remore. Proseguendo: «Ma chi è un Papa che dichiara la povertà in cielo e la ricchezza in inferno e poi dice messa con calici di oro massiccio?». Parole decise che ne disegnarono il carattere non banale come molti suoi rivali in pista possono testimoniare senza problemi: da uomo di carattere, lo mostrava senza confini, sempre e ovunque. Il giorno più bello per de Adamich è arrivato il 2 giugno 2022 quando fu nominato Commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica italiana. Per l’ex pilota fu come aver vinto quel gran premio che, in Formula 1, aveva mancato, nei ruggenti anni ’60.
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