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Bolloli: Santanchè, "io sono quello che odiate". Una frase per zittire la sinistra
26-02-2025, 08:03
Da Pitonessa a leonessa. Con la collezione di borse, il tacco 12 e la chioma selvaggia di chi ieri aveva altro da fare più che due ore di messa in piega. C'era una mozione di sfiducia a cui rispondere (l'ennesima) nell'Aula della Camera e Daniela Santanchè ha risposto. Anche azzannando chi la vorrebbe politicamente morta. Una graffiata è per i parlamentari di minoranza che la cercavano per un posto al Twiga o al Billionaire, un'altra per chi la critica per l'aspetto fisico, per chi non l'hai mai sopportata perché «ricca» e «voi», ha detto rivolta ai banchi dei Cinquestelle e di Avs, «detestate la ricchezza». Replica a chi parla delle sue borse, vere o taroccate che siano, chi se ne importa: «Sì, ho una collezione di borse, ma mio padre mi ha insegnato che si ruba solo quello che si nasconde e io non ho nulla da nascondere». Giacca rosso passione, cinturone e foulard griffato, ieri la ministra del Turismo, rinviata a giudizio per Visibilia, ha detto tutto quello che voleva dire all'opposizione stavolta unita contro di lei, ma come da previsione respinta da un voto che rafforza la maggioranza. Dai banchi del governo Daniela Santanché ha però parlato anche al suo partito, Fratelli d'Italia, a cui ha lasciato intendere che sulle dimissioni ci penserà, certo, ma «da sola». «Non avrò nessun tipo di pressione, di costrizione o di paventati ricatti», ha assicurato, «sarò guidata solo dal rispetto per il mio presidente del Consiglio, per l'intero governo, per la maggioranza, ma soprattutto per l'amore che ho per il mio partito dove certo io non vorrò mai diventare un problema, ma vorrei continuare ad essere una risorsa». Fdi ha apprezzato. Per il vicepresidente del gruppo alla Camera, Massimo Ruspandini, «Daniela va ringraziata per ciò che ha detto». La deadline si sposta quindi al 26 marzo, giorno dell'udienza preliminare per la presunta truffa ai danni dell'Inps, allora per la “Santa” potrebbe davvero finire l'avventura nell'esecutivo di Giorgia Meloni e, forse, con il timore di un verdetto non favorevole la ministra in Aula si è tolta qualche sassolino dalla scarpa, anzi dal tacco. Ha rivendicato tutto. «Io non scappo dai processi, intendo difendermi nel processo e affronterò questa battaglia per la verità». Al centrosinistra che in massa chiede che se ne vada, non concede nulla; cita i risultati del suo ministero: la riforma degli affitti brevi, i «400 milioni messi per la montagna»; in quanto alla situazione giudiziaria, ricorda che la Costituzione «sancisce il principio fondamentale della presunzione d'innocenza». E se in passato lei stessa è scivolata contro gli avversari raggiunti da avvisi da garanzia, adesso è arrivato il momento delle scuse, e qui la leonessa si fa mansueta. Il capo è cosparso di cenere. «Alcune parole che ho espresso nel mio passato forse erano superficiali e affrettate, ma non avevo vissuto sulla mia pelle questa sofferenza...». L'opposizione rumoreggia, lei capisce e prosegue: «Adesso si dirà che sono scuse tardive, ma c'è chi in politica non chiede scusa mai e io invece lo faccio qui solennemente. Non sono scuse opportunistiche, ma una presa di coscienza». Aggiunge: «Mi importa solo di una cosa, guardarmi allo specchio e riconoscermi nella persona che sono e che voglio essere» e «le mie scuse non mi fanno cambiare idea» perché «ho la certezza che i vostri attacchi non finiranno qui, sono quella persona da fare fuori che rappresenta il male assoluto». Spiazza gli avversari quando insiste: «Sono una donna libera, porto i tacchi da 12 centimetri, ci tengo al mio fisico, amo vestirmi bene». Poi la zampata: «Io sono l'emblema di tutto ciò che detestate, lo rappresento plasticamente, voi non volete combattere la povertà ma la ricchezza». E poco importa se su quel «plasticamente» pronunciato non per caso qualcuno ridacchia. O se è fin troppo facile ricordare il cavallo di battaglia di quelle che non sbagliano mai («sono una donna non sono una santa»). La ministra ringrazia la famiglia e i colleghi che le sono vicini. L'affondo contro il centrosinistra che ora vorrebbe farla sloggiare arriva anche così: «Io sono anche quella del Twiga, del Billionaire, che voi tanto criticate, aziende che danno posti di lavoro. Però guardate», ha proseguito la ministra, «che sono la stessa persona che molte volte anche qualcuno di voi ha chiamato al telefono, ma mi fermo qua, perché, anche se voi non lo pensate, io sono una signora». La pitonessa per l'occasione ha sfoderato gli artigli. Del resto, i berlusconiani se lo ricordano ancora durante le riunioni con il Cav, quando Daniela diceva: «Il circo si fa con le tigri».
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