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Salute
Cambio sesso, il prezzo da pagare: una scomoda verità sui farmaci
Oggi 24-12-25, 04:00
È a carico del servizio sanitario nazionale dal 2019, è un farmaco off-label, ossia fuori etichetta, perché è stato pensato per altro (il suo primo e principale impiego è nel trattamento del tumore alla prostata) ed è tra i più controversi attualmente disponibili in Italia. La triptorelina, la molecola che “blocca la pubertà”, cioè che mette in stand-by lo sviluppo degli organi sessuali nei ragazzini e nelle ragazzine affette da disforia di genere. In poche parole: inibisce la produzione degli ormoni sessuali, ossia del testosterone e degli estrogeni, e in questo modo blocca o rallenta la comparsa dei cambiamenti fisici del corpo. In un discorso un po’ più ampio: non va preso alla leggera, l’Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco) ne ammette l’impiego a condizione che ci sia un controllo e un percorso psicologico di supporto, e pensare che sia senza effetti, che agisca un po’ come l’aspirina (smetti di prenderla e magari t’è passato pure il mal di testa), è un disservizio fatto soprattutto alla scienza. È che, appunto, bisogna partire dal piano scientifico. Un mesetto fa, erano i primi di novembre, la garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, Marina Terragni, si è presentata alla commissione parlamentare degli Affari sociali con una relazione di sei pagine che a leggerle tutte (dati i rimandi, i richiami e le citazioni) ci vuole una settimana. È un documento denso, fitto, estremamente dettagliato (perché vista la delicatezza dell’argomento la precisione e il rigore sono d’obbligo), che ripercorre ciò che è successo e che fa il quadro di quel che sta accadendo. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:45539373]] Descrive, tuttavia, uno scenario non proprio limpidissimo come si potrebbe pensare. Nel sunto di Terragni che è anche disponibile on-line, per esempio, viene riportato il parere di Maura Massimino. Massimino fa la primaria di oncologia pediatrica all’Istituto dei tumori di Milano, è una professionista seria, una che studia questi aspetti da anni. Non è un caso che Terragni menzioni proprio lei: capita, purtroppo, coi piccoli malati, quando presentano una fase di pubertà precoce, che sia necessario fermarla con la triptolerina per non avere conflitti con la terapia oncologica in atto. Non è mai una scelta che il pediatra fa a cuor leggero, al contrario la prende solo dopo aver svolto un attento calcolo tra costi e benefici a livello di salute. «Non è pensabile un’interruzione e una riaccensione del delicato ed estremamente complesso processo della pubertà con l’automatismo di cui si parla ora», si legge nel documento (Massimino si riferisce a quanti sostengono che sia sufficiente sospendere la terapia con la triptorelina per “tornare a come si era prima”): «Gli effetti collaterali sono ben noti, osteopenia, alterazione del colesterolo e dei trigligeridi, la distribuzione della massa grassa alterata, riduzione del tono muscolare e della crescita». Che già fin qui sarebbe abbastanza. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:45528703]] «Dai lavori non appare riportata in maniera soddisfacente la reversibilità di questi effetti», continua però la dottoressa, sottolineando anche che «nei lavori internazionali disponibili di dimostrano: difficoltà nell’apprendimento della matematica e delle scienze esatte, riduzione del tenore osseo anche due anni dopo la sospensione del farmaco, ansia e depressione come prima del trattamento, maggiore massa grassa, riduzione della crescita, riduzione del quoziente intellettivo, aumento ponderale persistente anche dopo 24 mesi dalla fine del trattamento, dislipidemia» (che, al di là del termine tecnico, è un’alterazione dei livelli di grassi nel sangue). Proprio sciocchezze o piccoli “rischi”, non sembrano. Per carità, qui nessuno sta giudicando nessuno: c’entra niente l’ultimo caso del ragazzino 13enne ligure e c’entra niente la polemica dell’anno scorso che ha coinvolto l’ospedale Careggi di Firenze (uno dei pochi centri, in Italia, a trattare i casi di disforia di genere negli adolescenti). Non è (o meglio, non è solo) una faccenda etica. Si sta cercando, semmai, di fotografare la questione dal punto di vista più asettico possibile, quello medico. E gli studi medici, compresi quelli più recenti, quelli che fanno ricerca e non ideologia, né da una parte e tantomeno dall’altra, ce n’è uno spagnolo pubblicato quest’anno sui Cuadernos de Bioética e ce n’è un altro di qualche anno fa dell’University college di Londra, confermano i dubbi che sostiene Massimino. È quello che fa la scienza, dopotutto, dubitare di ogni cosa fino a trovare la miglior soluzione per un problema. Solo che in questo caso il problema è sulle spalle di bambini che non hanno (spesso) neanche l’età per guidare un motorino. Ogni vicenda è a sè: certo, verissimo. Ma proprio per questo bisognerebbe avere il coraggio e l’onestà di raccontarsela tutta, di capire, di indagare e di affrontare il fenomeno nella maniera più completa possibile.
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