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Cucina, le origini dal latino popolare del lemma della settimana
Oggi 17-12-25, 14:39
Nel 2010 a ottenere il prestigioso riconoscimento, condiviso con altri paesi, era stata la cucina mediterranea, nel 2017 era stata la volta dell’arte dei pizzaioli napoletani di impastare acqua e farina per ricavarne una pietanza di diffusione planetaria. Ora, a essere stata insignita del titolo UNESCO di patrimonio immateriale dell’umanità, è la nostra cucina nel suo complesso, nella sua popolarità e nell’unicità della sua plurisecolare tradizione. La parola cucina discende dal latino popolare cocina, subentrato al latino tardo coquina come cocinare ha preso il posto di coquinare, un derivato di coquere (da cui l’italiano cuocere). Nell’antica lingua di Roma coquina, oltre all’arte di cucinare, indicava anche il luogo – all’aperto o al chiuso – destinato alla preparazione e alla cottura dei cibi e l’insieme delle apparecchiature e degli utensili collocati al suo interno, significati già attestati nell’italiano dei primi secoli: «E la sera tornar co’ vostri fanti, / carcati de la molta salvaggina, / avendo gioia ed allegrezza e canti; / far trar del vino e fumar la cucina, / e fin al primo sonno star razzanti / e po’ posare ’nfin a la mattina» (Folgore da San Gimignano, De febbraio, 9-14); «E fece al modo usato sfavillare / un sasso tanto ch’egli ebbon del fuoco. Quivi Margutte si dava da fare, / dicendo: “L’arte mia fu sempre cuoco”. / Comincia la camella a scaricare / e la cucina assetta a poco; / poi s’accostava a un gran cerracchione / e rimondollo, e fenne uno schidone» (Luigi Pulci, Morgante, XIX, 57, 1-8). [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:45418623]] «La cucina è una bricconcella: spesso e volentieri fa disperare, ma dà anche piacere, perché quelle volte che riuscite o che avete superata una difficoltà, provate compiacimento e cantate vittoria». $ l’inizio della Prefazio di Pellegrino Artusi (1820-1911) alla Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene (1891). Il forlivese Artusi, un po’ come aveva fatto Manzoni coi Promessi Sposi, avrebbe voluto unificare e omogeneizzare le mille nomenclature culinarie sparse lungo tutta la penisola. Figlio di un droghiere, era anche lui convinto che, raggiunta l’unità politica, si dovesse provvedere all’unità linguistica.
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