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Da Scurati, Raimo & Co. censori ai libri di destra
Oggi 03-12-25, 08:48
È una triste coazione a ripetere quella a cui assistiamo in queste ore, che poco ha a che fare con la cultura e molto con la faziosità manichea e la difesa di piccole posizioni di potere. Ed è un paradosso che tutto questo avvenga in apertura di una manifestazione che si chiama “Più libri più liberi”. Ottanta autori, che potremmo definire i “soliti noti”, si sono fatti sottoscrittori di un appello tanto scontato e prevedibile nel testo quanto francamente assurdo nella nemmeno troppo tacita richiesta di censura. Prevedibili anche i nomi dei firmatari: da Zerocalcare a Christian Raimo, da Caparezza ad Anna Foa fino ad Antonio Scurati. E poi la new entry: Alessandro Barbero. Autori, come quest’ultimo, certamente non sprovveduti ma che con ogni probabilità pagano il pegno all’appartenenza a quel “circoletto magico” che continua a dominare la cultura italiana. Tutti loro hanno voluto manifestare con una loro lettera-appello all’AIE, l’associazione degli editori, «preoccupazione e sconcerto» perla presenza alla fiera della piccola e media editoria, che si svolgerà a Roma dal 4 all’8 dicembre, dello stand di una casa editrice di nicchia quale Passaggio al Bosco. IMPOVERIMENTO La casa editrice sarebbe rea, agli occhi dei firmatari, di aver pubblicato autori come Degrelle e Corneliu Zelea Codreanu, definiti «figure fondanti del pantheon nazifascista e antisemita». Che questi autori fossero tali non c’è dubbio, ma che vadano conosciuti e non censurati, come vorrebbero i firmatari, lo è altrettanto. Per almeno due motivi: perché nel loro tempo hanno rappresentato sentimenti diffusi e dato vita a fenomeni storici che non si possono cancellare con un tratto di penna; e perché è solo dalla conoscenza delle loro idee che la verità delle nostre, attraverso una serrata argomentazione e non attraverso anatemi, ne esce rafforzata. In sostanza, la censura impoverisce tutti e soprattutto è contraria a quella “cultura democratica”, che è poi la cultura tout court, a cui pure i firmatari si richiamano. In verità, oggi in Italia non c’è nulla di più antidemocratico e illiberale della cosiddetta “cultura democratica”, che altro non è che la cultura mainstream di un gruppo di potere che controlla ancora case editrici, media, cattedre universitarie, festival come appunto questo romano e tanti altri che hanno corso in tutta Italia e per tutto l’anno (fra l’altro tutti lautamente finanziati dalle casse dello Stato e degli enti locali). Inutile dire che si tratta di una cultura fortemente orientata a sinistra e che quindi tollera la presenza, negli stessi stand da cui si vorrebbe escludere Passaggio al Bosco, di realtà editoriali altrettanto piccole ma altrettanto (e forse più) “eversive” ma che hanno la fortuna di stare da quella che viene considerata la “parte giusta” della cultura, cioè a sinistra. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:45036802]] EGEMONIA Credo che sia giunto il momento di lasciar stare la vecchia categoria gramsciana di “egemonia culturale” per fotografare questa situazione. Nel secondo dopoguerra, nel momento in cui questa egemonia ha raggiunto il massimo della sua potenza, dominavano autori sicuramente faziosi e manichei ma che comunque avevano un background culturale e una statura mentale non irrilevante. Anche allora la sinistra, soprattutto quella comunista, escludeva e includeva in base all’appartenenza. Anche allora fungeva da fonte battesimale e fonte purificante: “Sei stato fascista durante il ventennio, non preoccuparti! Se vieni con me e aderisci al Partito, sei mondato del tuo passato e accreditato di fatto”. Oggi però sembra di assistere ad una ripetizione come farsa di quella storia tragica. La statura dei nuovi maitre-à-penser non regge sicuramente il confronto con quella dei vecchi e, soprattutto, gli italiani non sembrano più dare credito a quello che è un mondo sempre più chiuso e autoreferenziale, provinciale. Quel che però forse manca, oggi come allora, è il coraggio a destra di smontare le “casematte” e di promuovere una cultura nuova e senza etichette. La cultura tout court, come dicevamo.
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