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Politica
Francesca Albanese, "chi è la leader politica che apprezzo". Una clamorosa confessione
Oggi 10-11-25, 12:45
Incredibile, anche Francesca Albanese a volte riconosce di aver sbagliato. E il ripensamento è talmente "a U" nonché tardivo da far sorgere un dubbio legittimo: non è che la relatrice speciale Onu sui territori palestinesi occupati stia semplicemente cercando di rifarsi una credibilità politica personale dopo settimane di continue uscite a gamba tesa? In un passaggio dell'intervista al Corriere della Sera le si chiede conto di una possibile discesa in campo in politica: "Se avessi voluto accettare una candidatura, l’avrei già fatto anni fa: non è stato mica un solo partito, a chiedermelo", svicola. Dice poi di apprezzare "la presidente slovena, Natasa Pirc Musar", e critica Papa Leone, che ha appena ricevuto in Vaticano il leader palestineseAbu Mazen, definendo "un errore clamoroso" l'aver incontrato anche il presidente israeliano Herzog, "uno che ricorre negli atti della Corte di giustizia internazionale per genocidio". [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:44822302]] I toni dell'intervista non sono per la verità molto diversi da quelli che l'hanno resa famosa nel mondo, e non solo nel limitato dibattito italiano:"Dopo tre anni in Palestina, sono andata via nauseata. Non riuscivo più a vivere in quel posto. Ed è l’apartheid a spiegare oggi, dal punto di vista giuridico, quel mio sentimento d’allora: c’è un sistema strutturale di dominio da parte di un gruppo su un altro. Lo stesso vale per il genocidio. Non c’è tregua che possa interromperlo. E il problema non è usare parole 'compromesse': è di chi non guarda la realtà". [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:44824510]] Insomma, nessuna retromarcia su un giudizio talmente mono-colore sul Medio Oriente da farle attirare le critiche dinon imparzialità. Altro fronte, l'impegno delmarito comeconsigliere dell’Autorità palestinese. "No, lui ha lavorato sei mesi per l’Onu in Palestina - precisa la Albanese -. L’Onu fa questo: se va in Congo, aiuta le autorità congolesi. Qual è il problema? Io stessa ho lavorato a stretto contatto con l’Anp". [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:44893703]] Tra le cose che non rifarebbe, però, c'è il triste, deprecabile siparietto con il sindaco di Reggio Emilia. Sul palco il primo cittadino Marco Massari, peraltro di centrosinistra, dandole il premio Primo Tricolore aveva osato parlare degli ostaggi israeliani in mano a Hamas accennando alle "condizioni per la pace". Quando il pubblico pro-Pal ha iniziato a fischiare, la Albanese anziché placare gli animi si era prima esibita in una serie di plateali smorfie di disgusto per poi umiliarlo con queste parole: "Non lo giudico, lo perdono". "Quando ho rivisto quel mio commento, me lo son detta: no, non è proprio da me", riconosce oggi. Resta tutto il resto. Le ricordano chenei suoi rapporti, la parola 'genocidio' torna 233 volte. Mentre Hamas è definita terrorista solo 16 volte. "Parlare di Hamas avrebbe alterato la condotta delle operazioni militari di Israele? Non c’è dubbio che ci sia stato un attacco terroristico violento, da condannare. Però Israele cosa cavolo fa da 60 anni, nel territorio palestinese occupato? Il mio libro comincia con una frase di Brecht: 'Tutti vedono la violenza del fiume in piena, nessuno vede la violenza degli argini che lo costringono'". A Gaza, sostiene Albanese, "l'enormità di ciò che è successo è tale, che non si può tornare indietro. S’è svegliata una coscienza, soprattutto fra i giovani. Mi occupo di Palestina da 15 anni e mai ho visto questo livello di maturità: sul genocidio in Ruanda o in Bosnia, non ci fu questa presa di coscienza. Il fatto che uno come Mamdani vinca a New York, peraltro coi voti ebraici, è un segno di cambiamento. Però dipende. I governi potrebbero continuare a far finta di niente.Parlano di pace, ma dall’inizio della cosiddetta tregua sono morti 250 palestinesi". Albanese non molla nemmeno sul boicottaggio di Israele nelle università afferma: "Fino al 2024, sono sempre stata contraria - dice - Invece poi ho capito perché è fondamentale. L’università israeliana è un pilastro della narrazione ed è un motore della macchina della guerra".
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