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Jannik Sinner, la profezia di Ljubicic: "Cosa accadrà in finale"
Oggi 02-09-25, 00:50
Chi ha allenato Roger Federer e l’ha accompagnato in cima all’Olimpo del tennis non può che fornirci l’analisi ideale sulla settimana degli US Open: Ivan Ljubicicci apre anche nuove stanze dell’universo Sinner e del tennis d’élite. Ivan è un personaggio incredibile, come raccontato nello special di Sky Ljubicic, l’uomo salvato dal tennis: fuoriuscito nel 2003 dalla sua Banja Luka in seguito alla sanguinosa guerra civile che, a inizio anni ’90, frantumò l’ex Jugoslavia, è diventato un campione di tennis in Italia sino a vincere 10 tornei dell’Atp, una Coppa Davis, una medaglia olimpica e arrivare al numero 3 negli anni della grande dittatura dei Big Three (Federer-Nadal-Djokovic). Se lo aspettava un Sinner un po’ in difficoltà contro Shapolavov? «Una partita non liscia come l’olio succede in uno slam che dura due settimane e le partite ai giocano tre set su cinque. Ma non ne farei assolutamente un problema» Il servizio di Jannik non ha funzionato a dovere. «Vero, il problema di questo colpo che ha giocato a volte sotto il 50% è stato meccanico, ma capita. A Sinner farà sicuramente bene la consapevolezza d’aver vinto una partita giocando non bene. Lo rilasserà, paradossalmente». Quando si è cambiato le scarpe, a metà match, ha infilato 11 game consecutivi. «È il numero 1 del mondo. Vi stupite? Ma il vero slam inizia ora, nella seconda settimana. Per lui e Alcaraz». Sinner incontra stasera Bublik, un cliente complicato che l’ha battuto ad Halle. «Là erano sull’erba, qui sul cemento sarà diverso anche se Bublik sta giocando da Top 10. Jannik dovrà fare attenzione stasera». Per cosa la stupisce, Sinner? «Per l’organizzazione della sua carriera e per la lucidità che mostra in tutto quello che fa, giocando ma anche intuendo quando conviene fermarsi. Se rinuncia a un torneo è perché preferisce allenarsi, capisce di vivere un momento magico e lo fa con intelligenza». Panatta afferma che, a parità di condizione, Alcaraz ha ancora un qualcosina in più. «Capisco il ragionamento di Adriano, al 100% lo spagnolo sembra ingiocabile ma Jannik è più continuo. Ho analizzato tutti i punti giocati dai due nei loro confronti diretti: sono circa 3000 e Carlitos è avanti solo per 20 punti! Vi rendete conto, l’equivalente dello 0,1 per cento. Sono due campioni speculari come talento tennistico». L’impressione è che Alcaraz sia qui a New York al top della forma. «Non dimentichiamo che ha due anni meno di Sinner, è un ragazzo e gioca continuando a conoscersi, l’ho visto bene e consapevole di capire cosa non sa fare in campo. Cioè pochissime cose». Negli ottavi c’è anche Musetti, arrivato a New York con enormi dubbi. Invece... «Nei primi tre incontri è stato tutto facile ma ora viene il complicato». Munar, l’avversario di stasera, è un terraiolo: rischia, Lorenzo? «Sarà il primo ostacolo vero, lo spagnolo potrebbe metterlo in difficoltà». Sarebbe bello vedere nei quarti il derby Sinner-Muso. «Possibile. Anche per ammirare il rovescio a una mano di Lorenzo, elegante e bellissimo. Lo sa che, nel mondo Atp, solo il 5 per cento dei tennisti porta questo colpo a una sola mano? Sono dei Panda!». Cosa suggerire a Djokovic, invece? Di ritirarsi a questo punto? «Per niente. Uno che ha vinto 24 slam ha diritto di giocarsi sino alla fine tutto le proprie carte. Però giocare un torneo ogni due mesi per guai fisici non aiuta». Con Federer ha vissuto gli anni più esaltanti della sua vita da allenatore? «È stata un’esperienza meravigliosa. Ho iniziato con Roger nel periodo in cui pensava di non poter tornare più ai vertici, era demotivato. Invece, con pazienza, l’ho aiutato a rivincere tre Slam, a tornare numero 1 del mondo e a occupare il trono del suo giardino preferito, il centrale di Wimbledon». Vero che Federer temeva Nadal? «Prima della semifinale di Wimbledon 2019 mi confidò: Ivan, devi convincermi che sono più forte di Rafa. Parlammo un’ora. Il giorno dopo, scese sull’erba del centrale e vinse». Per cos’altro la deve ringraziare Federer? «Nel 2017 lo convinsi a cambiare il modo di giocare il rovescio, a portarlo piatto e in controbalzo. E proprio contro Rafa funzionò bene nella finale vinta all’Open d’Australia. Roger riconquistò uno Slam dopo quasi cinque annidi digiuno». Chi vince gli US Open? «Jannik e Carlitos, se arrivano in finale e non vedo altre possibilità, partono veramente alla pari. La finale del Roland Garros, dopo cinque ore di meraviglie e finita in quel modo, è la fotografia del tennis di questi due campioni. Godiamoceli».
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