s

Politica
La Flotilla di Elly naufraga nelle Marche
30-09-2025, 08:03
Nella prima pagina, del primo capitolo, del primo libro del manuale della comunicazione politica c’è una legge sacra: mai trasformare una battaglia incerta in una guerra. Il «campo largo» ha fatto l’opposto: ha raccontato che dal voto nelle Marche partiva la «remuntada» della sinistra. Se racconti in giro che l’elezione in una Regione è un test nazionale (non lo è quasi mai) devi essere sicuro di vincere. E invece prima hanno dato al voto marchigiano il peso di un immaginario «Swing State» americano, un tragicomico Ohio inesistente da Pesaro a Ascoli Piceno; poi, in preda alla febbre della Flotilla, hanno messo sui binari delle Marche un «treno per Gaza». Surreale. Pronti a dire che «il vento è cambiato» si sono ritrovati con il morale sotto i tacchi e Giorgia Meloni che si complimenta con Francesco Acquaroli per la larga vittoria contro Matteo Ricci (52 a 44). La sinistra è finita sugli scogli della realtà, può vincere ancora nelle Regioni rosse e nei feudi dei cacicchi, ma complessivamente perde la sfida con un centrodestra che ispira più fiducia, perché si presenta unito e ha la leva del governo.Qualche appunto rapido, per sapere, per capire: 1. Il «campo largo» non assicura la vittoria contro il centrodestra. Bisogna sempre ricordare che 2 + 2 in politica non fa mai 4, può fare 5, ma spesso fa 3; 2. Le elezioni si vincono con le maggioranze silenziose non con le minoranze rumorose. Mai dimenticare Pietro Nenni: piazze piene, urne vuote; 3. La guerra a Gaza non trascina gli italiani alle urne, al massimo li divide (trasversalmente) e, in ogni caso, diventa un tema da respingere quando si trasforma in antisemitismo e settarismo, collateralismo con i tagliagole di Hamas, guerriglia urbana e tragicomica crociera che veleggia verso la guerra; 4. Il discorso pubblico anti-occidentale è trendy nelle redazioni, nei salotti, nell’establishment con la pancia piena (e il cervello vuoto), ma una politica popolare (e non populista) parla di pane e lavoro, industria e welfare, riforma fiscale e commercio, stop all’immigrazione e più sicurezza. È l’azione quotidiana del governo Meloni, una «forza tranquilla». Al contrario, la Flotilla di Elly è percepita come una chiassosa (e pericolosa) protesta, lontanissima dall’essere una proposta, perché non sa leggere la contemporaneità e l’agenda internazionale (che bussa alla porta di tutti gli italiani), non intercetta i bisogni (locali e nazionali), è dalla parte sbagliata della storia. L’anti-melonismo non è un programma di governo.
CONTINUA A LEGGERE
5
0
0
Guarda anche
La Ragione

L’alibi del settarismo
Libero Quotidiano
Ieri, 21:15
Che Tempo Che Fa, Richard Gere si schiera: "Scomparsa dopo l'elezione di Trump"
Libero Quotidiano
Ieri, 20:32
Francia, nasce il governo Lecornu: ecco chi c'è tra i ministri
Libero Quotidiano
Ieri, 20:18
Serie A, il Napoli supera 2 a 1 in rimonta il Genoa e aggancia la Roma
Libero Quotidiano
Ieri, 19:44
Reazione a Catena, "per la terza sera di fila...": il dettaglio non passato inosservato
Libero Quotidiano
Ieri, 19:34
Gaza, negoziati vicini. Idf: "Se falliscono riprendiamo i combattimenti"
Libero Quotidiano
Ieri, 19:08