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La piazza pro-Europa che ha paura del voto: l'ipocrisia dei fan di Bruxelles
Oggi 04-03-25, 06:00
Una piazza per l'Europa. Una piazza al grido: «Qui o si fa l'Europa o si muore». Tutto prevedibile e ipocrita. Nulla di personale contro Michele Serra che l'ha proposta dalle colonne di Repubblica, giornale che nel giro di poche ore è tornato a essere il terminale politico dell'opposizione aggregando i sì dei sindaci progressisti, dei prodiani alla Ruffini, e persino di Casini. Tutto prevedibile, dicevamo, nel senso che di fronte al torpore e al vuoto politico dell'opposizione nulla è più facile del “Ritroviamoci in piazza senza bandiere” come se l'implicito non fosse chiaro. Ci torneremo. Ma l'idea della piazza per verificare se dopo quel che è successo alla Casa Bianca “sopravviverà la way of life europea a questa stretta” (parole di Michele Serra) è anche ipocrita. La pericolosa stretta contro cui far fronte comune è quella che, sempre per citare l'appello dell'editorialista di Repubblica, “mette in discussione ciò che banalmente chiamiamo democrazia”. Dunque, si faccia una bella piazza dove il popolo faccia sentire il suo europeismo, la sua fiducia verso l'Europa perché “Qui o si fa l'Europa o si muore”. Quanta ipocrisia! Ma scusate quando mai l'Europa e gli europeisti (uno ce l'hanno in casa e si chiama Prodi: grazie all'euro lavoreremo un giorno in meno e guadagneremo come se avessimo lavorato un giorno in più) si sono preoccupati di dare la parola al popolo per sapere se l'edificazione della casa comune fosse legittimata dal basso oppure fosse solo una operazione imposta dall'alto perché, come pure ho sentito dire, «è un progetto troppo delicato e importante per lasciarlo al voto popolare». Sono anni che sento dire che l'Europa così non funziona, che non regge, che deve cambiare passo. E sono anni che sfido gli europeisti a dimostrare che non hanno paura del popolo: chi ha paura di un referendum popolare “sì o no all'Europa”? Non si può fare - è la solita risposta - perché la Costituzione lo impedisce. Ebbene, il referendum sulla Brexit fu solo consultivo e non vincolante ma quel risultato portò alle dimissioni di Cameron e al processo di uscita. Questa sì che si chiama democrazia, non quell'ipocrita passaggio di Serra laddove scrive che la piazza (la piazza?!?) sarebbe un segnale non trascurabile per far capire che «in campo c'è anche un'identità europea “dal basso”, un progetto politico innovativo e rivoluzionario». Identità dal basso... Caro Serra e cari signori di Repubblica, voi avete paura della democrazia perché avete paura dei risultati che non vi aggradano. Se l'Europa è debole è perché ha estromesso il popolo. E quando il popolo si è espresso (vedi le vittorie del no in Francia e in Olanda al trattato di Lisbona o il No del popolo greco rispetto alla Troika oppure il Leave in Gran Bretagna) la spocchia dell'élite si è riversata in commenti e in parole. Allora la verità è che la piazza di Michele Serra e di Repubblica è una piazza contro Trump e contro gli americani che lo hanno scelto. E lo hanno scelto in nome dell'American First; perché non volevano spendere altri soldi per la guerra in Ucraina, e perché sono più preoccupati dell'egemonia sempre maggiore della Cina. Potrà non piacere ma così la maggioranza degli americani ha scelto partecipando al voto. Perché loro, il presidente degli Stati Uniti, lo eleggono. Agli europei viene dato il contentino di votare un parlamento che conta quanto gli umarell che guardano i cantieri.
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