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Mattarella concede la grazia a quattro condannati
Oggi 25-09-25, 07:52
Un 34enne condannato a nove anni e quattro mesi per l’omicidio volontario del padre (il quale, però, aveva messo in essere «ripetuti atti di violenza e minacce nei confronti dei propri famigliari»); un signore di 54 anni con una pena per nove anni e sei mesi, anche lui per omicidio volontario e cognizione illecita di comunicazioni; una donna quasi coetanea, di 53 anni, in galera per due anni, otto mesi e venti giorni in relazione a reati di furto ed estorsione e una ragazza del 1986 con una sentenza a nove anni, sette mesi e diciassette giorni per estorsione e violazione della disciplina in tema di sostanze stupefacenti. Sono le quattro persone graziate ieri dal presidente della repubblica Sergio Mattarella. Si chiamano (rispettivamente) Gabriele Finotello, Massimo Zen, Patrizia Attinà e Ancuta Strimbu: tutte e quattro hanno visto il proprio debito con la giustizia italiana “accorciarsi” grazie all’undicesimo comma dell’articolo 87 della Costituzione, quello (appunto) che riguarda il capo dello Stato il quale può «concedere grazia e commutare le pene». Secondo quando reso noto dal Quirinale per Finotello, che ha ucciso suo padre nel 2021, Mattarella «ha tenuto conto dei pareri favorevoli formulati dal procuratore generale e dal magistrato di sorveglianza, delle condizioni di salute del condannato e del particolare contesto in cui è maturato l’episodio delittuoso»: in questo modo la grazia ha estinto l’intera pena residua per un totale di quattro anni e tre mesi di reclusione.Zen, invece, era finito in galera per fatti del 2017: a lui la grazia ha estinto tre anni e tre mesi in virtù «del parere favorevole espresso dal magistrato di sorveglianza, dell’intervenuto risarcimento del danno nella somma concordata coi congiunti della vittima e delle condizioni di salute del condannato». Dato che con questo provvedimento gli rimangono da espiare meno di quattro anni, il tribunale di sorveglianza ora potrà valutare il suo affidamento in prova ai servizi sociali. Gli episodi che hanno portato in carcere Attinà, invece, sono datati 2012 e 2016: «Nell’adottare l’atto di clemenza per l’intera pena residua (ossia graziandola degli ultimi due anni di reclusione, ndr)», il presidente della repubblica «ha tenuto conto del parere favorevole espresso dal magistrato di sorveglianza, del tempo trascorso dalla commissione dei reati, del perdono concesso dalla persona offesa del reato più grave e delle condizioni di vita e di salute della condannata».Motivazioni simili che, almeno in parte, hanno riguardato anche Strimbu (a lei la grazia è valsa un anno e sei mesi): anche qui importante è stato il «parere favorevole espresso dal magistrato di sorveglianza» nonché «il contesto nel quale sono maturati i reati e le condizioni familiari della condannata», ma è stato sottolineato anche che la 39enne «prima del passaggio in giudicato della seconda condanna, stava proficuamente eseguendo la pena detentiva in affidamento in prova al servizio sociale». Anche per Strimbu, come per Zen, considerato che il provvedimento di grazia non equivale all’estinzione totale della pena ma che le rimane da espiare non più di quattro anni, potranno scattare i benefici dell’articolo 47 dell’ordinamento penitenziario, ovverosia l’eventuale applicazione dell’istituto dell’affidamento in prova.
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