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Ocone: l'intelligenza artificiale per l'Unione europea è solo regole
06-02-2025, 09:45
Dio acceca chi vuol perdere. La saggezza degli antichi torna utile per descrivere la situazione di un'Unione Europea che ha commesso tanti errori negli ultimi decenni e che, incapace di correggerli, continua oggi imperterrita a compierli. Basta sfogliare, per rendersene conto, le Linee Guida pubblicate dalla Commissione martedì scorso e relative all'articolo 5 del Regolamento sull'Intelligenza Artificiale, cioè il famoso (o famigerato?) AI Act dell'anno scorso. Prima di tutto risalta agli occhi un elemento quantitativo: le Linee Guida per l'attuazione di un solo articolo occupano la bellezza di 135 pagine, che si aggiungono alle 140 del Regolamento generale. Forse non c'è da mervigliarsi: l'articolo in questione concerne i divieti, le trasgressioni, le proibizioni, cioè opera su un terreno ove la mentalità burocratico-dirigistica e non liberale del legislatore europeo dà, come sappiamo, il meglio di sé! Tanta la carne messa al fuoco. Apprendiamo, giusto per fare un esempio, che sarà proibito sviluppare sistemi di IA tesi a persuadere all'acquisto di prodotti commerciali, una pratica che ci sembra già ben in uso e collaudata. Lo stesso vale per la profilazione finanziaria di un individuo, quasi come se le banche non profilassero già i clienti per concedere loro, ad esempio, un mutuo o un prestito. Delle due l'una: o questi sistemi saranno usati facendo finta che ipocritamente non ci sia una legge che li vieta, oppure in sostanza sarà vietata in Europa l'IA in quanto tale. Non sarebbe meglio concentrarsi su pochi comportamenti illeciti, seguendo ad esempio il codice penale, e per il resto sviluppare un vasto programma di educazione ad una tecnologia che reca indubitalmente non pochi dilemmi etici all'umanità? L'Unione Europea segue invece imperterrita la via, potremmo dire, della produzione di carta a mezzo carta. In sostanza, una montagna di parole con la pretesa di regolare ogni minimo aspetto possibile di una realtà in continuo movimento e che già nel giro di pochi mesi potrebbe essere radicalmente cambiata a ragione dell'accelerazione esponenziale che i progressi in questo settore hanno per loro stessa natura. Il tentativo di rincorrerli è perciò grottesco. La burocrazia, come è noto, prende piede e si sostituisce alla politica ogni volta che il potere è debole e mal fondato. La questione è tutta politica: oggi il mondo post-globale non garantisce più al nostro continente quel ruolo di primo piano che ha sempre avuto storicamente e che negli anni del secondo dopoguerra avevamo conservato per motivi essenzialmente geostrategici. Oggi nuovi e potenti attori sono emersi come protagonisti in una sfida che si gioca non solo sulla potenza militare (di dissuasione), ma anche sulla capacità di innovazione e di sviluppo delle tecnologie più avanzate. Quella che era una prerogativa occidentale, cioè appunto la capacità di innovare, è diventata appannaggio anche di altre civiltà, che hanno finito per surclassarci (si pensi ad esempio a quelle asiatiche). Ciò è accaduto proprio nel momento in cui ci cullavamo sugli allori del passato e ci chiudevamo nel formalismo più astratto, cioè nell'elemento che più contrasta con l'innovazione. Beandoci pure di essere i primi ad avere un “IA sostenibile” (sic!). Questo processo è avvenuto anche in America, ma gli States hanno comunque conservato sacche di resistenza, luoghi (anche geografici come la Silicon Valley) ove poter esaltare le capacità creative degli esseri umani. Il problema dell'Europa, che accusa un enorme ritardo che la fa vaso di coccio in mezzo a tanti vasi di ferro, sarebbe quello di provare a recuperare terreno, almeno in parte, ammesso e non concesso che fosse ancora possibile. Non è certo allargando le maglie della burocrazia che ciò può avvenire. Fra l'altro, pretendiamo di regolare ciò che non abbiamo nemmeno creato. È il modo migliore per tenere lontani i grandi investimenti dal nostro continente, così come di scoraggiare ogni spirito inventivo che volesse operare qui da noi.
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