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Palazzo Nani Morcenigo: la vera anima di Venezia
Oggi 03-11-25, 14:40
A Venezia ogni pietra racconta una storia, ma ce ne sono alcune che sembrano respirare insieme alla città, custodendo i segreti delle famiglie che l’hanno abitata, i riflessi cangianti dell’acqua e le voci che attraversano i secoli come un sussurro tra le calli. Nel cuore del sestiere Dorsoduro, tra i canali più silenziosi e autentici, si affaccia l’Hotel Nani Mocenigo Palace, una dimora che non è solo un luogo dove soggiornare ma un’esperienza immersiva nell’anima veneziana, un rifugio che unisce l’eleganza del passato al fascino discreto della modernità. Sulle acque del rio di San Trovaso, in un tratto che unisce la Giudecca al Canal Grande e che conserva il respiro più intimo della città, il palazzo quattrocentesco si presenta in tutta la sua armonia gotica, con la facciata ritmata da quadrifore, cuspidi e portali in pietra d’Istria, opera di un’epoca in cui la bellezza era una forma di potere e di fede. Edificato nella seconda metà del Quattrocento, il palazzo fu donato da Elena Barbarigo al marito Giorgio Nani come parte della sua dote, un gesto che univa due tra le più influenti famiglie veneziane: i Barbarigo, protagonisti della vita politica e artistica della Serenissima, e i Nani, raffinati collezionisti e mecenati. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:44837972]] Sotto il dogado di Agostino Barbarigo, Venezia consolidò la sua potenza nel Mediterraneo e commissionò alcune delle sue opere più iconiche, dalla Torre dell’Orologio alle Procuratie Vecchie, lasciando un’impronta indelebile sull’identità della città. In questo contesto di fasto e cultura nacque la storia del palazzo che, secoli dopo, avrebbe ritrovato nuova vita come hotel di charme. Qui, tra la Chiesa di San Trovaso e lo storico squero dove ancora si costruiscono le gondole, si respira l’atmosfera sospesa di una Venezia che non ha ceduto al tempo. Lo sguardo si posa sui ponti — quello delle Meraviglie, quello di San Trovaso del 1532, e il Ponte Longo che unisce le Zattere alla chiesa dei Gesuati — e sembra di entrare in una scenografia senza tempo, dove ogni elemento parla di artigianato, ingegno e arte. La storia di Palazzo Nani non è solo quella di una residenza aristocratica ma di un centro culturale ante litteram: tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento che ospitò il celebre Museo Naniano, una raccolta di antichità greche e romane considerata tra le più prestigiose del collezionismo veneziano. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:44837973]] Le statue e i marmi raccolti dai fratelli Antonio e Bernardo Nani provenivano da Istria, Dalmazia, Albania e Costantinopoli, testimoniando una curiosità intellettuale che andava oltre i confini della laguna. Quando il museo venne disperso nel 1797, molte opere trovarono dimora nei grandi musei europei, ma lo spirito del collezionismo e della bellezza rimase nelle pietre del palazzo. Dopo essere stato sede dell’Università Ca’ Foscari e del Glass Museum Vitraria, oggi l’edificio vive una nuova stagione grazie al restauro voluto da Paolo Caffi, amministratore delegato e anima del progetto, che insieme alla sua famiglia ha ridato voce a un luogo dimenticato. L’intervento, condotto con la supervisione della Soprintendenza, ha restituito valore agli elementi originali, intrecciandoli con un design contemporaneo che non tradisce la memoria ma la rinnova. Gli affreschi del Settecento di Jacopo Guarana, allievo di Tiepolo, convivono con i lampadari scultura di Murano firmati da Fabio Fornasier, in un dialogo tra luce e storia che conferisce agli ambienti un’anima viva. Gli stucchi di Alessandro Vittoria, il celebre scultore che collaborò con Palladio e Veronese, sono parte integrante della decorazione e aggiungono un’aura di sacralità a questo scrigno veneziano. Ogni dettaglio è pensato per evocare un senso di continuità: i tessuti, le boiserie, i vetri, gli arredi d’epoca scelti uno a uno, come se ogni oggetto dovesse raccontare una pagina della storia della città. Le trenta camere e suite sono tutte diverse, come diverse sono le prospettive che offrono sulla Venezia più autentica: alcune si affacciano sul canale, altre sul giardino interno, altre ancora sui tetti che al tramonto si tingono d’oro. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:44837974]] Qui il lusso non è un concetto da esibire ma un’esperienza da vivere, fatta di silenzio, comfort e bellezza. Nel giardino, uno dei pochi nel cuore della città, si trova una vera da pozzo del Quattrocento, testimone di un tempo in cui l’acqua dolce era un bene prezioso. Questo spazio verde, raccolto e segreto, diventa un rifugio per la mente e i sensi: la mattina ospita le colazioni profumate di brioche e caffè, la sera si trasforma in un angolo di quiete dove gustare un calice di vino veneziano mentre l’aria salmastra si mescola al profumo dei fiori. È un luogo che sembra sospeso tra arte e natura, capace di restituire al viaggiatore l’immagine più intima di Venezia, quella che si svela solo a chi sa fermarsi. All’interno, l’esperienza prosegue nel ristorante La Bauta, un omaggio elegante alla tradizione gastronomica veneziana, reinterpretata con equilibrio e raffinatezza. Il nome richiama la maschera simbolo della città, e come la maschera cela e rivela, così la cucina del ristorante svela la Venezia più autentica attraverso i suoi sapori Inaugurando una nuova stagione di alta cucina con l’arrivo di Gennaro Esposito. Lo chef due stelle Michelin, ambasciatore del gusto mediterraneo, firma la nuova identità gastronomica del ristorante La Bauta, unendo la tradizione partenopea alle suggestioni della laguna. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:44837975]] È la sua prima volta a Venezia e sceglie di farlo guidando una squadra giovane e brillante: Raffaele Iasevoli come Executive Chef e Raffaele Santoro come Pastry Chef, entrambi talenti campani formati tra Parigi, Milano e Capri. Il trio ha costruito un percorso che racconta una Venezia inedita, cosmopolita e sensibile, dove le sarde in saor si incontrano con il profumo del limone di Sorrento e il baccalà mantecato dialoga con la tecnica raffinata della cucina contemporanea. Il menù nasce dal rispetto per la stagionalità e la materia prima, proponendo piatti iconici come il risotto con orata e agrumi, le linguine con seppie del mercato di Rialto, la parmigiana di melanzane reinterpretata e una selezione di cicchetti ispirati alla filosofia del riuso creativo. Nella carta dei dolci, Santoro intreccia memoria e innovazione: dal babà classico al tiramisù, fino a creazioni come la mousse al cioccolato e fava tonka o la délice al lampone e kefir. Tutto prende vita tra affreschi settecenteschi, lampadari di Murano e un giardino segreto che custodisce il respiro intimo di Venezia. Per Paolo Caffi, CEO del Nani Mocenigo Palace, questa collaborazione segna un passo decisivo nel percorso del palazzo, sempre più luogo di incontro tra arte, ospitalità e alta cucina. Con La Bauta, Esposito trasforma l’esperienza gastronomica in un viaggio sensoriale, un dialogo tra Sud e Nord, tra mare e laguna, tra storia e futuro. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:44837977]] L’ambiente, con i suoi affreschi originali e i lampadari di Murano, crea una cornice dove il tempo sembra fermarsi: la luce gioca sulle pareti, i dettagli sussurrano storie, l’aria è pervasa da un senso di calma raffinata. Qui ogni pasto è un rituale, un invito a scoprire Venezia con il gusto, con la lentezza e la gratitudine di chi sa ascoltare. Paolo Caffi racconta che tutto è nato dal desiderio di restituire vita a un luogo dimenticato, di trasformare un palazzo silenzioso in una casa viva. Con la moglie e i figli ha seguito il restauro passo dopo passo, scegliendo personalmente ogni mobile, ogni tessuto, ogni lampada, fino a fare del Nani Mocenigo Palace una dimora dell’anima. È un progetto familiare, condiviso e sentito, in cui l’ospitalità non è un servizio ma una forma di appartenenza. Chi arriva qui non è un cliente ma un ospite accolto con la naturalezza di chi apre le porte della propria casa. Il risultato è un hotel cinque stelle lusso che riesce a essere, al tempo stesso, un luogo intimo e colto, un microcosmo veneziano dove tutto parla di arte, di tradizione e di amore per la città. Uscendo dal portone, la Venezia di Dorsoduro continua a raccontare il suo fascino discreto: le Gallerie dell’Accademia, la Fondazione Peggy Guggenheim, le Zattere che si affacciano sul Canale della Giudecca, i laboratori degli artigiani del vetro e dei tessuti, le botteghe dove il tempo sembra essersi fermato. Tutto è a pochi passi, ma tornare al Nani Mocenigo Palace significa ritrovare un equilibrio raro tra silenzio e meraviglia. È una Venezia che non chiede di essere conquistata ma capita, una città che si offre solo a chi sa osservarla con rispetto e stupore. In questo senso, l’hotel non è soltanto un rifugio di lusso ma un atto d’amore verso la città, una dichiarazione di bellezza e autenticità che si percepisce in ogni gesto, in ogni luce, in ogni sguardo che si posa sulle sue mura. Chi vi soggiorna porta con sé un ricordo che va oltre il viaggio: la sensazione di aver vissuto, anche solo per qualche giorno, l’essenza più profonda di Venezia, quella che sa fondere arte, silenzio e poesia in un’unica, indimenticabile emozione. https://www.hotelnanimocenigo.com/ Autrice dell'articolo Orchidea Colonna orchideacolonna@yahoo.com
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