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Petani: il cardinale che si ribella alle femministe
10-03-2025, 07:55
«La Chiesa partenopea è disposta sempre ad incontrare e dialogare con tutti, ma l'incontro e il dialogo non si nutrono di ferite e contrapposizioni, ma di ascolto e rispetto». È questo l'appello lanciato dal cardinale di Napoli, Domenico Battaglia all'indomani dell'ennesima azione dimostrativa andata in scena nel corso della manifestazione organizzata da “Non una di meno” per la Giornata della donna. L'ultima trovata delle attiviste è stata quella di esporre uno stendardo raffigurante la Madonna con una pillola abortiva in mano e la scritta “aborto libero”. Chi non sembra infatti essere disposto al dialogo è proprio il movimento femminista che, tra imbrattamenti, scritte d'odio, cori pro-Pal e attacchi al Governo, sembra aver perso di vista il vero significato dell'8 marzo. A denunciare l'azione delle ragazze di Non una di Meno è l'associazione Pro Vita&Famiglia che nei prossimi giorni valuterà un'azione legale. Il vice presidente Jacopo Coghe pone l'accento sul fatto che se a essere insultato fosse stato un simbolo di altre religioni, «si sarebbe gridato allo scandalo e sarebbe subito partita un'azione giudiziaria. Ma quando si tratta della Madonna e della fede cristiana, tutto è permesso? Non staremo a guardare: chi ha offeso la nostra fede dovrà risponderne davanti alla legge e all'opinione pubblica». Per l'associazione, l'esposizione di un'immagine sacra come la Madonna con una pillola abortiva «non è solo una provocazione, ma un atto gravissimo di vilipendio della religione e di offesa verso milioni di fedeli», ha spiegato il vice presidente per cui questo ennesimo sfregio alla figura della Vergine Maria dimostra il vero volto del femminismo estremista: un movimento «intriso di odio verso la cultura cristiana e verso la maternità stessa». E infatti, non si è ancora ben capito il motivo di tanta avversione nei confronti di chi si professa cattolico, vista la battaglia di Non Una di Meno in difesa dell'islam. Nel corso della manifestazione, alcune attiviste hanno perfino indossato il niqab sulla testa, il velo portato dalle donne musulmane. Del resto, per le femministe i simboli religiosi sono da combattere solamente se cristiani. E poi, parlando di aborto, bisognerebbe ricordare che viviamo in un Paese libero, dove l'intervento di interruzione di gravidanza è regolamentato dal 1978. Nessun pericolo, dunque. Nessuna delegittimazione dei corpi, ma solo libertà di scelta. Del resto, le femministe dei giorni nostri sono note per le loro battaglie contro i mulini a vento. Basti pensare che nei giorni antecedenti alle iniziative per l'8 marzo, in una sorta di vademecum pubblicato sulla propria pagina online, il movimento ha chiesto ai “maschi eterosessuali cisgender” che avrebbero partecipato alle manifestazioni di non “stare in testa al corteo”. Secondo il cardinale, a differenza delle attiviste, «è giusto e doveroso che ciascuno possa manifestare le proprie idee, anche quando queste riguardano temi delicati e divisivi», spiega, ricordando come ogni diritto «porta con sé anche una responsabilità: quella di esprimersi senza ledere la sensibilità degli altri, senza ferire ciò che per molti è sacro, senza trasformare il dibattito in uno scontro che alimenta soltanto divisione e risentimento». E a proposito di risentimento, le femministe sono arrivate perfino ad auguarare la morte a tutti coloro che osano pensarla diversamente. “Uccidi i Pro Vita", è la scritta apparsa a Bergamo e a Roma accompagnata dal simbolo del trans-femminismo. «Un gravissimo atto di esplicita intimidazione avvenuto durante la manifestazione femminista dell'8 marzo, mentre la nostra sede era accerchiata da camionette e agenti dei Carabinieri per scongiurare nuove aggressioni da parte di gruppi estremisti», ha spiegato il presidente di Pro Vita & Famiglia Antonio Brandi, secondo il quale «sempre ieri, all'Università di Bergamo, un gruppo di attiviste trans-femministe ha occupato la sala dove avrebbe dovuto svolgersi un incontro organizzato dagli studenti con l'intervento di un nostro referente locale». Un altro segnale preoccupante del crescente clima di odio, censura e violenza fomentato «da media e gruppi politici di sinistra, che legittimano e alimentano il fanatismo ideologico di questi movimenti. Chiediamo a tutte le forze politiche di condannare senza ambiguità questa escalation di odio e violenza e al ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, di rafforzare le misure di sicurezza per proteggere chi si batte pacificamente per la dignità umana», ha concluso.
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