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Cultura e Spettacolo
Presagi, stelle, fughe e miracoli Storia e romanzo del piccolo Messia
Oggi 16-11-25, 08:39
Abbiamo conosciuto Gesù in veste di predicatore (e provocatore) dopo averlo lasciato bambino nella povera culla di paglia. Ma non ci hanno mai detto come siano state la sua infanzia e l'adolescenza. Un vuoto, oggi colmato da un libro che compie un viaggio incredibile, alla luce di una cometa, evento fantastico fra le pieghe dell’Universo, ma costruito su basi storiche e scientifiche così corpose da lasciare stupefatti. Il titolo è Il romanzo del piccolo Messia (Solferino, pag. 376, euro 21), autori a quattro mani Carlo A. Martigli, storico, e Vittorio Storaro, tre volte premio Oscar per la fotografia, uniti dal desiderio di conoscenza, nel fondersi di fede e narrazione. Dice Martigli che sin da bambino era interessato a quel vuoto. Voleva colmarlo, non limitandosi ai Vangeli, per far conoscere un Gesù che non scendeva dall’alto, incutendo reverenza e timore, ma cresciuto come tutti i bambini, salendo dalla terra. Racconta il partner Storaro che nella scelta del suo lavoro fu folgorato dall’attrazione per la luce, afferma che non vuole essere definito «direttore della fotografia», piuttosto «scrittore della luce», una fascinazione scoperta a undici anni, quando seguiva in cabina il papà, proiezionista della Lux, precedendo il bambino di Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore. L’incipit è magico, racconta di Zerah, il custode della biblioteca di Krmel (il monte Carmelo), quando, spente le ultime due torce all’esterno dell’edificio, si era diretto verso il tavolo di lavoro. «La lampada gli tremava in mano nel timore di far cadere una goccia di olio bollente sulle zampette del gatto Lucifero (niente di diabolico, significa portatore di luce, perfetto in questo racconto, ndr) che, come al solito, lo precedeva nel cammino». Nei suoi papiri cercava la conferma di una profezia, che aveva sognato: «Tra un turbinio di stelle gli era apparso l’allineamento. Poteva essere stata un’illusione, creata dal desiderio, ma se fosse stata realtà, tutto sarebbe potuto cambiare, Marte, Giove, Saturno collegati in una tripla congiunzione, da un unico segmento invisibile che li disponeva uno dietro l’altro. Come un solo pianeta, gigantesco, dotato di una forza luminosa visibile anche in pieno giorno...». Come la luce di una cometa, ed è quella che noi conosciamo. Nel romanzo di Martigli e Storaro, è quella percepita da Myriam (Maria), prossima a partorire. È come un invito a far nascere suo figlio, mentre la vibrazione unita dei tre pianeti le ispira una melodia di gioia. Poi sarà solo fuga, nella Palestina devastata dalla violenza e dalle trame politiche (dopo oltre duemila anni sembra non sia cambiato nulla, ahimè). A proteggere lei, l’amato marito Yusaf (Giuseppe) e il bambino ci sono quella luce e Gavri’el, l’Arcangelo Gabriele, visibile soltanto al piccolo Yeshua (Gesù) e agli animali. Prima, quella luce aveva guidato il lungo cammino dei Magi, passati dalla reggia di Erode, dove avevano raccontato le ragioni del loro viaggio. E gli avevano spiegato che la congiunzione di tre pianeti si verifica ogni cinque secoli, e annuncia una nascita straordinaria, in questo caso quella del Re del Mondo. Ma l’infanzia e la crescita del figlio di Dio saranno una lunga fuga, la sua formazione avverrà tra paesaggi del deserto e monasteri, in compagnia dell’amato cugino Yochanan (Giovanni), figlio di Eliseba (Elisabetta), entrambi segnati da un carisma ultraterreno. E uniti dal destino finale di una morte terribile, ingiusta e precoce. Giovanni decollato su richiesta di Salomè, protagonista della danza dei sette veli per ottenere la sua testa. Gesù crocifisso, come lo furono gli zeloti ebrei perseguitati, visti ai lati delle tante strade percorse in fuga con la sua famiglia per sfuggire ad Erode. Copiando quelle immagini Yeshua disegna sulla sabbia il suo destino, incrociando uno stecco in verticale con un altro orizzontale, e mamma Myriam tenta invano di farlo smettere da quel gioco che anticipa la sua sorte, ma lui la conosce già, è il figlio di Dio. Si esercita anche con qualche miracolo, specie con gli animali, un avvoltoio minaccioso sulle loro teste dispiega le ali sulla piccola carovana per proteggerla dal sole, una famiglia di leoni fa retromarcia di fronte a loro. Li conosciamo da piccolissimi, noi italiani con i nomi di Gesù e Giovanni, quando giocano insieme. Diversi nell’aspetto, Yeshua ha «i capelli scuri, e due occhi color nocciola, curiosi, che già esprimevano una profondità d’animo da cui era impossibile sottrarsi». Solo Myriam e Yusaf riuscivano a sostenere lo sguardo indagatore del loro figlio. I riccioli biondi di Yochanan lo facevano apparire diverso, ma sua madre Eliseba sapeva che non era così. Viveva chiuso in un mondo tutto suo, e solo la presenza del cugino sembrava aver risvegliato i suoi interessi. Insieme avevano fatto sgorgare una sorgente da una roccia, ma l’episodio più tenero era stato quando adottarono un cucciolo di volpe. La madre era morta, e i due bambini lo avevano fatto dormire fra loro. Il romanzo del piccolo Messia somiglia a quello di tutti i bambini del mondo, di ieri e di oggi.
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