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Politica
Ranucci, così la solidarietà diventa un nuovo comizio contro Meloni
Oggi 22-10-25, 14:41
Lo slogan scelto dai Cinque Stelle è «Viva la stampa libera», sui manifesti digitali c’è l’immagine di Sigfrido Ranucci, che sarà l’ultimo a parlare dal palco. Dovrebbero essere lì tutti per lui, come richiede la liturgia della solidarietà. Ma molti, in realtà, sono arrivati per Giorgia Meloni: il sit-in che va in scena nel pomeriggio romano fa presto a diventare l’ennesima manifestazione contro il governo. I Cinque Stelle non hanno più i numeri di una volta, così scelgono piazza Santi Apostoli, piccola e occupata per oltre metà dal palco e dalle attrezzature. Giuseppe Conte fa il padrone di casa: parla per primo, si propone come l’incarnazione della «politica responsabile» e chiede di varare una legge di riforma della Rai, in modo che questa «non sia più sotto il piede del governo». Un’esigenza che non aveva avvertito nei due anni e mezzo in cui alla guida del governo c’era proprio lui, sorretto da due maggioranze diverse. Lo “European media freedom act” torna nei discorsi di tanti: è il provvedimento Ue nel quale confidano per avere una Rai che non risponda al parlamento, unica istituzione che rappresenti il Paese. Una Rai su misura per loro. Rula Jebreal, come altri, interviene in videocollegamento. Non parla di Ranucci, che cita di sfuggita, ma del «genocidio coloniale in Palestina» e di Israele, «Stato mafioso che utilizza le bombe per zittire i cronisti e cancellare la verità». Sostiene che in Italia non è molto diverso, infatti il nostro Paese è sceso nella classifica mondiale della libertà di stampa e per colpa del governo Meloni è diventato «un fanalino di coda dell’Europa e delle democrazie occidentali» (è la classifica della ong Reporter sans frontières, secondo cui la stampa è più libera in Sierra Leone e in Timor Leste che in Italia e negli Stati Uniti). Accusa la premier di «spargere odio», perché ha definito l’opposizione «peggio di Hamas solo perché non condivide il sostegno al governo criminale di Netanyahu». Sempre in nome della libertà di stampa e del pluralismo, Jebreal spiega ai presenti quanto sia stato scandaloso che Il Sole 24 Ore, «malgrado lo sciopero generale», abbia voluto «pubblicare a tutti i costi» la «intervista compiacente» alla presidente del consiglio firmata da Maria Latella. Non ha studiato la pratica, e si vede: non c’era nessuno sciopero generale, l’unico sciopero è stato quello indetto dai giornalisti del Sole a causa della pubblicazione di quell’intervista. In piazza c’è il leader di Avs Nicola Fratoianni. Anche per lui, la solidarietà a Ranucci è l’incartamento con cui avvolgere l’inevitabile attacco al governo: «Questo è un Paese che scivola sempre più in basso nelle classifiche della libertà di stampa». Secondo il suo socio Angelo Bonelli, quella libertà si difende col divieto di criticare le trasmissioni care alla sinistra: «Basta delegittimare, basta denigrare come è accaduto a Report». Parla invece dal palco Cafiero De Raho, ex magistrato e ora deputato del M5S, e lo fa per comiziare contro la riforma della giustizia: «Mentre da un lato si fanno tacere i giornalisti, dall’altro si vuole violare l’indipendenza della magistratura. Il potere legislativo e quello esecutivo, e quindi la politica, saranno più forti e impediranno alla magistratura di esercitare il controllo di legalità». Il succo è che per difendere Ranucci bisognerà votare «No» al referendum. È passata un’ora e il sit-in è già diventato un fritto misto in cui entra di tutto. Viene mostrato il video che una giornalista palestinese ha mandato da Gaza. Non nomina Ranucci, è evidente che non sa nemmeno chi sia. Però parla del «genocidio» e dell’esercito israeliano «che attacca sistematicamente i giornalisti», e spiega che «la guerra non è finita». [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:44667949]] Si presenta in piazza Elly Schlein, che ormai insegue Conte ovunque ci siano due voti da contendergli. Prova a rimediare allo scivolone di sabato, quando l’ha sparata grossa davanti ai Socialisti europei. «Chi ha mai detto che la bomba l’avesse messa il governo Meloni o che fossero i mandati? Sui mandanti sta lavorando la magistratura, un lavoro che noi supportiamo», è il modo in cui prova a correggersi. Ma manca di convinzione, e torna subito alla geremiade sulla destra parafascista: «Io ho affermato un fatto: dove l’estrema destra governa, indebolisce democrazia e libertà di stampa». Spunta anche una delegazione di Fdi, formata dai parlamentari Lucio Malan, Giovanni Donzelli, Galeazzo Bignami e Augusta Montaruli. «È una manifestazione per la tutela dei giornalisti. Non c’era ragione perché non venissimo», spiegano. A rappresentare Forza Italia c’è il deputato Paolo Emilio Russo. Per Conte è un’occasione per tornare sulla polemica: «La politica non può limitarsi a un gesto di circostanza, quindi chiedo a Fratelli d’Italia di ritirare le querele, le sorelle Meloni diano le indicazioni per farlo, nei confronti di Ranucci e di tutti i giornalisti. E sblocchino la commissione di Vigilanza Rai».
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