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Romano Prodi assolto dalle femministe rosse: "Il gesto? Nulla di eclatante"
29-03-2025, 03:15
Sono quelle che strillano al patriarcato un giorno sì e l'altro pure. Sono quelle sempre pronte a puntare il dito contro l'uomo, meglio se bianco ed eterosessuale (e meglio ancora se di destra). Sono quelle che agitano i cortei dell'8 marzo, tra insulti, vetrine imbrattate e Madonne trasfigurate. Sono le femministe col cuore che batte forte a sinistra. «Dove sono finite ora?», si è chiesta mezza Italia dopo il caso Prodi. Soprattutto una volta visto il video mandato in onda martedì sera da La7: l'angolatura che ha inchiodato il Professore, sbugiardando sia lui che i giustificazionisti, con quella mano che si allunga, acciuffa i capelli dell'inviata di Quarta Repubblica e li tira per due volte. La risposta alla domanda è molto chiara: le femministe non ci sono più. Puff. Sparite. Volatilizzate. Nascoste. DOPPIOPESISMO Abbiamo contattato “Non una di meno”, la rete nazionale transfemminista che tra gli slogan più urlati ha l'inequivocabile «se toccano una toccano tutte»: beh, in questo caso, non sono state di parola. Premurose di specificare che «non rilasciamo interviste né dichiarazioni telefoniche», l'orientamento è quello di non prendere totalmente le difese di Lavinia Orefici, la giornalista di di Mediaset, non solo intimidita verbalmente da Romano Prodi ma pure afferrata per i capelli. All'interno del movimento serpeggia il pensiero condiviso che ci sia troppa speculazione mediatica attorno all'episodio. Che sì, l'ex premier ha sbagliato (e ci mancherebbe pure il contrario) ma in fondo si sta facendo troppo rumore per nulla. C'è altro a cui pensare. Eppure ce le ricordiamo quelle di “Non una di meno”, due anni fa a Milano, sotto lo studio legale della famiglia La Russa con tanto di manifesti («Voi siete stupratori») e richieste di dimissioni per il presidente del Senato dopo la denuncia per violenza sessuale presentata da una ragazza nei confronti del figlio di Ignazio (Leonardo). «Vogliamo requisiti i loro soldi affinché siano devoluti ai centri antiviolenza», dicevano le transfemministe emettendo già la loro sentenza (che invece i tribunali non hanno emesso). Oggi, invece, sono silenti. Ma non esponendosi pubblicamente finiscono per farlo: se ad attaccare una donna non allineata è un uomo di sinistra, allora non si grida più “al lupo al lupo”. Si parla di benevolo paternalismo, giocando sull'età dell'ex premier. I falli di mano sono dunque punibili solo se a commetterli è un giovane? Bocche semi-cucite anche alla Casa delle Donne di Milano, l'associazione di promozione sociale «che guarda senza discriminazioni di nessun tipo alle aspirazioni e alle esigenze di donne di ogni età, di ogni orientamento sessuale, con storie e culture diverse». Contattate, spiegano che «non ne abbiamo parlato». Perché una tirata di capelli a un giornalista di Mediaset (oh, il tanto vituperato Silvio!) non vale la pena di essere commentata? «Il polverone che ne è nato mi sembra una scemenza. Ma questo è il mio personale pensiero, non parlo a nome della Casa delle Donne», ci spiega l'attivista che ci risponde al telefono. Il sentore è che ci sia poca voglia di parlare dell'errore di Prodi. È vero, ci sono gli stupri, le molestie, le segregazioni che vedono vittime tante, troppe, donne: storie ovviamente più gravi, questo è fuori da ogni ragionevole dubbio, di una mano che afferra una ciocca ma quest'ultima non può in ogni caso essere derubricata a quisquillia. Il doppiopesismo puramente politico non può funzionare, soprattutto se arriva da associazioni che di politico non dovrebbero avere nulla. «GOVERNO MASCHILISTA» Sui social, intanto, è tutto un fiorire di giustificazionismi misti a riduzionismi. Il gruppo “Antifascismo militante donne” sembra parecchio stufo e infastidito dalla querelle sulla mano di Romano: «Tutti appassionatamente ancora a menarla sulla polemica del gesto paternalista, stupido e sbagliato, lo abbiamo ribadito ormai un milione di volte». Ma allo stesso tempo infila nel mirino - toh, guarda che caso - il premier Giorgia Meloni, il cui governo «fa passare l'ennesima porcata a favore delle mafie ma pure dei maschi violenti e dei padri e mariti padroni» (il riferimento è alla riforma sulle intercettazioni). Sul fronte stampa, invece, Maria Teresa Meli, firma del Corriere della Sera, ieri mattina ospite a L'aria che tira su La7, ha prima bastonato il Professore («è un signore anziano, forse dovrebbe ritirarsi») e poi buttato la palla in tribuna: «Questa notizia ce l'hanno tutti i giornali del centrodestra in prima pagina, ci sono notizie molto più interessanti da leggere. Son successe cose più importanti nel mondo, aprire il giornale su questa cosa...».
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