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Stefanini: Corina Machado, la Thatcher di Caracas
11-01-2025, 08:33
«Espropriare, cioè rubare!», fu la frase con cui nel 2012 María Corina Machado divenne «la donna che ha fatto stare zitto Chávez». Scomoda per i vari presidenti che si sono succeduti a Caracas, ma scomoda anche per l'opposizione, di cui è spesso stata critica. Anche di Juan Guaidó, rimproverandolo di non avere costituito un vero e proprio governo alternativo in grado di invocare un intervento internazionale. Da questa intransigenza deriva anche alla Machado una immagine da “Giovanna d'Arco dell'antichavismo” che è usata sia in senso positivo che negativo. Dal punto di vista del regime, la si bolla come una figlia della “oligarchia”. Figlia di un re dell'acciaio espropriato da Hugo Chávez, è però anche discendente di alcuni eroi nazionali, ed entrambi i suoi genitori erano anche attivi nel sociale. Dopo una laurea in ingegneria industriale e un master in finanza a sua volta nel 1992 creò una fondazione per assistere i bambini di strada, cui seguono altre ong. Súmate viene nel 2001: l'anno in cui ha termine il suo matrimonio con l'imprenditore Ricardo Sosa Branger, sposato nel 1990, e da cui ha avuto Ana, Henrique e Ricardo. Ma è anche il momento in cui dopo l'arrivo al potere di Chávez i partiti tradizionali stanno in gravissima crisi. «Qualcosa è scattato. Avevo questa sensazione inquietante che non potevo restare a casa e guardare il Paese polarizzarsi e collassare», spiegò in seguito. In prima linea sia nelle grandi mobilitazioni del 2002-03 che nel referendum revocatorio del 2004, ne ricavò da George W. Bush un invito alla Casa Bianca, il 31 maggio del 2005; e dal regime di Chávez un processo che le tolse il diritto di uscire dal Paese per tre anni. Candidata alle politiche del 26 dicembre 2010, ebbe il coraggio di fare campagna in baraccopoli che, dopo essere state roccaforti chaviste, esprimevano delusione, e fu la deputata con più preferenze di tutti gli eletti: sia chavisti che antichavisti. Così, si presentò anche alle primarie del 12 febbraio 2012, dove però arrivò solo terza su sei. Il punto è che il Venezuela era un Paese che la bonanza petrolifera aveva abituato a forti interventi statali, e anche l'antichavismo era in gran parte socialdemocratico. L'altro soprannome di Lady di Ferro indica invece in María Corina una ammiratrice di Margaret Thatcher. Ma il partito Vente Venezuela, da lei fondato il 24 maggio 2012, oltre che alle privatizzazioni è anche a favore del matrimonio tra persone dello stesso sesso, sostiene la legalizzazione della cannabis medica e ha chiesto un dibattito nazionale sulla legalità dell'aborto. Il 31 marzo 2014 è rimossa dall'incarico di deputata, dopo aver accettato l'incarico di “ambasciatore supplente” di Panama presso l'Organizzazione degli Stati Americani per potervi denunciare le violazioni dei diritti umani in Venezuela. Il tutto nell'ambito di una spirale repressiva che ha portato all'arresto dell'ex-sindaco di Chacao Leopoldo López: e María Corina di nuovo si segnala come intrepida conduttrice di proteste di piazza, chiamando alla “disobbedienza civica”. Il 31 luglio 2015 è interdetta dai pubblici uffici per 12 mesi. Nell'ottobre 2018 è aggredita da un squadraccia del regime, che le rompe il naso. Terminata l'esperienza di Guaidó, quando da nuovi negoziati con mediazioni internazionali emerge lo scenario di un nuovo voto con garanzie nel 2022 annuncia la sua partecipazione alle primarie dell'opposizione, e dal 15 marzo 2023 inizia un tour elettorale che da allora non si è praticamente mai interrotto. Il 22 ottobre 2023 alle primarie della opposizione María Corina prende 2.253.825 voti, pari al 92,35%. Ma, malgrado abbia in pratica accettato di riconoscere il regime chiedendo la revoca della inabilitazione in base agli Accordi, a María Corina non è concesso presentarsi. Passa allora la candidatura alla professoressa universitaria Corina Yoris, ma neanche a lei il sistema informatico permette di iscriversi, malgrado in teoria non vi sia nessun impedimento legale. In extremis si riesce a candidare l'ambasciatore Edmundo Gonzáles Urrutia. Vincitore secondo sondaggi, exit poll e verbali resi noti dall'opposizione; perdente secondo un misterioso conteggio del Consiglio Nazionale Elettorale. Appunto per questo, 90.000 rappresentanti di lista nei 30.000 seggi elettorali in tutto il Paese hanno fatto copia di tutti i verbali, e li hanno fatti arrivare in salvo. «Li hanno protetti con la vita». E si torna così allo scontro di piazza. Dopo il 28 agosto e entra in clandestinità. Giovedì è stata arrestata per un'ora. Adesso è di nuovo in un luogo sicuro.
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