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Trump-Zelensky, i 20 minuti che hanno sconvolto il mondo: cosa puo accadere
28-02-2025, 20:50
E adesso cosa succederà? La rissa in mondovisione alla Casa Bianca tra il presidente americano Donald Trump e l'omologo ucraino Volodymyr Zelensky è destinata a segnare un prima e un dopo. Se pace con la Russia arriverà, la data del 28 febbraio 2025 rischia di pesare tanto quanto il 24 febbraio 2022, il giorno dell'invasione russa. Tre anni dopo, a capo degli Usa non c'è più Joe Biden, principale "sponsor" di Kiev, politico, finanziario, militare. C'è Trump, che vuole il cessate il fuoco a ogni costo, ovviamente a partire da un compromesso con il presidente russo Vladimir Putin. Zelensky. arrivato per la quinta volta a Washington forte di un accordo quasi raggiunto sulle terre rare che dovrebbe in teoria portare Donald dalla sua parte, però conferma il suo no irremovibile: nessun cedimento a Putin "il killer". Ed è qui, di fronte alla posizione di Zelensky, che Trump e il suo vice J.D. Vance partono all'attacco, improvviso e virulento. Se sia stata una strategia, per mettere all'angolo definitivamente l'Ucraina, o se sia stata una reazione "di pancia", lo capiremo nelle prossime settimane. Per il momento, pesano queste parole: Zelensky è stato definito "un ingrato", "senza carte in mano", costretto ad accettare la mediazione americana perché l'alternativa è che gli "Usa si tirino indietro", con tutto quello che ne conseguirebbe. Vance tuona: "Non si viene qui alla Casa Bianca per mancare di rispetto al presidente americano". Zelensky è visibilmente in difficoltà, balbetta, cerca di ricucire subito ma Donald è un fiume in piena: "Voi giocate con la vita di milioni di persone, giocate con il rischio della Terza guerra mondiale". I toni son furenti, la fine è scritta: salta la conferenza stampa congiunta, Volodymyr viene di fatto cacciato dalla Casa Bianca. "Può tornare quando sarà pronto per la pace, ancora non lo è", scrive sul social Truth il presidente Usa. Una scena raggelante, davanti al mondo. Dall'Europa il presidente francese Emmanuel Macron invoca "rispetto per gli ucraini che hanno combattuto" e che sono stati "aggrediti", il polacco Donald Tusk ricorda a Kiev che "non siete soli". Paolo Gentiloni, ex commissario Ue italiano, "si vergogna" dell'America. Mosca, dal canto suo, ride e insulta Zelensky, definito da Dmitry Medvedev "un clown cocainomane", un "maiale" preso "a schiaffi". Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani dice che "il momento è delicato, serve prudenza". L'impressione è oggi, un giorno di più, l'Europa sia rimasta spiazzata, senza sapere cosa fare. Mai così lontana da Washington, intrappolata nella morsa Kiev-Cremlino. La pace non passa da Bruxelles, e a questo punto sarà decisivo capire come si muoverà Zelensky. Che per ora, preso a ceffoni dall'(ex?) alleato, mantiene il sangue freddo: "Grazie America - scrive su X lasciando la Casa Bianca -, grazie per il tuo supporto, grazie per questa visita. Grazie @POTUS (Donald Trump), Congresso e popolo americano. L'Ucraina ha bisogno di una pace giusta e duratura, e noi stiamo lavorando proprio per questo". Lui per primo, forse solo a differenza dei partner europei, sa che per raggiungere una pace il più possibile giusta servirà tenersi vicina l'America, senza cedere alla tentazione di rompere. Perché l'aiuto europeo, se di aiuto si può parlare, non servirà a nulla. La faccia truce di Trump, in fondo, è quella di chi brutalmente ma lealmente gli ha ricordato la triste verità: la pace è compromesso con il nemico, che sta vincendo. Se non la accetti, finirà peggio. Un pugno in faccia, sì, che può mandarti ko oppure aprire gli occhi. Certo, resta l'incognita di quello che potrebbe venire dopo la "pace". A garantire il cessate il fuoco, spiega Trump, c'è proprio lui, Donald, finché sarà al potere. Ma cosa succederà tra qualche anno? Cosa succederà con una Europa inerme, incapace di mantenere l'ordine "in casa sua"?
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