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"Vittorio Sgarbi deve passare da una piccola morte. Di cosa è figlia la sua malattia": le parole di Marcello Veneziani
24-03-2025, 14:37
Per scuotere Vittorio Sgarbi, per aiutarlo, vale tutto. "Vorrei gridare al mio amico 'rialzati e cammina, capra!'". La frase, commovente, è di Marcello Veneziani. Il critico d'arte e politico qualche settimana fa ha ammesso di attraversare una fase molto dura e complessa della sua vita, una vera e propria depressione che ne sta condizionato fisico, mente e spirito. Attualmente, scrive il Corriere della Sera, è ricoverato al Policlinico Gemelli di Roma per curare diversi problemi di salute contingenti. Dopo l'intervista a La Verità, Veneziani viene sentito dallo stesso Corsera. Lui e Sgarbi, sottolinea, sono amici da tempo anche se non hanno mai condiviso le scorribande notturne e un po' sregolate del Vittorione nazionale. "Stabilii un'amicizia che definii ironicamente un'adozione a distanza. Non avrei mai potuto seguire i suoi ritmi. In quanto al carattere, ho sempre visto nella sua aggressività un segno quasi puerile, innocente, da ragazzino rimasto tale. Mai vista autentica cattiveria". La malattia di oggi, spiega, forse "è figlia del suo narcisismo ferito. Ha la percezione che molte delle sue libertà impulsive non potranno più essere praticate. Il suo universo si sta restringendo: drammatico per chi è stato convinto di poter cavalcare il mondo. Una dimensione dell'io sproporzionata rispetto al passato e che lo porta ad atteggiamenti distruttivi". In altre parole, lo scontro amaro con la realtà e la finitezza dell'uomo. "La depressione - sottolinea ancora Veneziani - è purtroppo un'ottima alleata della malattia. Ma conoscendo Vittorio non escludo affatto un risorgimento personale. Penso che potrebbe riuscire a ritrovare il giusto impeto per riprendere la sua strada. Credo però debba affrontare un passaggio molto importante", cioè "attraverso una sorta di 'piccola morte' lasciandosi alle spalle il 'Vittorio Uno', dicendogli addio, per aprire il capitolo del 'Vittorio Due'. Dovrà insomma immaginarsi in un'altra prospettiva certamente meno egocentrica e più legata al mondo reale" e affidarsi ai suoi amati maestri, i classici e gli storici dell'arte. Perché "la nostra vita è trascurabile, passa e finisce. Ma le opere dei grandi restano. E lui deve continuare a occuparsene finché avrà fiato".
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