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Cultura e Spettacolo
Alpini partigiani e repubblichini insieme a difesa della Val d'Aosta
Oggi 28-04-25, 14:54
AGI - L'interesse nazionale e l'amor di patria prevalente sulle contrapposizioni, gli odi e i rancori del recente passato e pure del presente. Il 28 aprile 1945 sul fronte occidentale dell'Italia dilaniata dall'occupazione tedesca e dalla guerra civile, i partigiani e i repubblichini, nemici fino al giorno prima, si ritrovavano dalla stessa parte per difendere la Val d'Aosta dal disegno di annessione del generale Charles De Gaulle. È stato, solo di recente, lo storico valdostano Andrea Désandré a reperire i documenti del Servizio informazioni militari (Sim) e ricostruire nei dettagli la singolare alleanza che vide fianco a fianco un reparto di artiglieria repubblichino e le unità della resistenza per tamponare le infiltrazioni dell'esercito francese a Valgrisenche, Valle di Rhêmes e Pré-Saint-Didier. Il ruolo del maggiore Adam dei Servizi segreti L'impensabile fu reso possibile dall'accorta e lungimirante opera di mediazione e cucitura su più versanti del maggiore degli alpini Augusto Adam, ufficiale del Sim, che aveva portato altresì, con l'ausilio del vescovo, a convincere i reparti tedeschi e uno di paracadutisti della Folgore a ritirarsi in ordine da Aosta senza abbandonarsi né a scontri né a distruzioni, consentendo la liberazione pacifica della città, uno dei principali obiettivi degli Chasseurs des Alpes francesi del generale Paul-André Doyen. E così il colonnello Armando De Felice comandante del 4˚reggimento Alpini della divisione Littorio e il maggiore Adam raggiunsero un accordo personale: i partigiani valdostani delle Fiamme verdi con regolamentare berretto alpino si schierarono in alta quota e le penne nere dell'esercito repubblichino a valle, tenendo pure lontane le truppe tedesche. Tutti insieme, compatibilmente, per fronteggiare con le armi i francesi e le loro mire sulla provincia. Il piano segreto di annessione di De Gaulle risaliva al 1943 De Gaulle già nel 1943 aveva elaborato un piano di annessione per vendicare l'aggressione dell'Italia fascista alla Francia del 10 giugno 1940. Il generale aveva tenuto gli Alleati all'oscuro di questo ambizioso progetto incuneato nel più vasto quadro dell'aiuto alleato ai partigiani italiani costretti a sconfinare in territorio francese nel 1944 per sottrarsi ai rastrellamenti nazifascisti. Ma le manovre sulla frontiera del Distaccamento delle Alpi (Armée des Alpes) agli ordini di Doyen non erano sfuggite al Governo Bonomi e il 9 febbraio 1945 il ministro degli Esteri Alcide De Gasperi aveva presentato un memoriale all'ammiraglio Ellery Wheeler Stone, capo dell'amministrazione militare alleata in Italia, il quale aveva subito avvisato gli ambasciatori di Gran Bretagna e Stati Uniti, oltre al comandante in capo Maresciallo Harold Alexander. Gli Alleati ordinarono di conseguenza a De Gaulle di non oltrepassare il confine. I francesi sembrarono obbedire, ma ad aprile, col tracollo del fronte, approfittarono dell'autorizzazione a pattugliare una fascia di territorio italiano che non doveva andare oltre i venti chilometri di profondità, per una serie di infiltrazioni mirate. Pattugliare non significava occupare, ma il Distaccamento delle Alpi il 26 aprile si mosse superando il Piccolo San Bernardo e arrivando a posizionare truppe a Ivrea, Rivoli e Savona. Gli Chasseurs des Alpes fermati dall'artiglieria della Rsi Fu solo il colpo di coda invernale che, ostacolando trasporti e spostamenti, impedì la discesa in Valle d'Aosta di un esercito numericamente più importante. I francesi, peraltro, non si comportarono affatto da liberatori e cominciarono subito a distribuire le loro carte annonarie. Il 27 superarono la Val di Rhênes ma il 28 gli Chasseurs des Alpes vennero fermati a La Thuile dal tiro degli obici del gruppo Mantova della Monterosa, lungo la linea italiana mista, mentre grazie all'accordo trilaterale di Adam si insediava ad Aosta il prefetto partigiano Alessandro Passerin d'Entrèves che a nome del Comitato di liberazione nazionale Alta Italia chiamò tutti gli italiani a difendere la città dalle mire francesi: risposero i partigiani e ancora una volta gli alpini della Rsi dei battaglioni Varese e Bergamo della 2ª divisione granatieri Littorio, ed elementi dell'ormai disciolto Esercito nazionale repubblichino. Gli Alleati impongono la ritirata al di là della frontiera del 1939 Sempre il 28 aprile Alexander chiese da Caserta al comandante supremo Dwight Eisenhower di intervenire su De Gaulle, e il generale Devers di conseguenza impartì a Doyen l'ordine di cessare le operazioni in Val d'Aosta. Quest'ultimo fece finta di non aver ricevuto tale ordine e fino al 7 maggio si comporterà di conseguenza, quando non potrà più fare a meno di obbedire al generale Alphonse Juin, capo di stato maggiore, messo alle strette dagli Alleati i quali per disinnescare la situazione avevano inviato un distaccamento americano che arriverà l'8 maggio per il definitivo cessate il fuoco, rilevando gli italiani nello schieramento al confine e chiudendo la seconda battaglia delle Alpi. Se la crisi militare era apparentemente raffreddata, non altrettanto poteva dirsi di quella diplomatica, divenuta incandescente. I francesi non erano riusciti né a emulare gli jugoslavi titini sul fronte orientale, portando dalla loro parte le brigate partigiane assai meno politicizzate di quelle Garibaldi, né la popolazione valdostana sottoposta a un'intensa propaganda annessionista. Il diretto e deciso intervento del presidente statunitense Harry Truman, unito all'aperta ostilità di Winston Churchill sulle mire espansioniste di De Gaulle, avrà un peso definitivo nel far ritirare le truppe francesi da Ventimiglia e dalle zone italiane occupate, rientrando nei confini del 1939. Scongiurato il pericolo di un plebiscito sotto occupazione Ma ancora una volta una “dimenticanza” del generale Doyen lascerà i soldati francesi nei due paesini di Briga e Tenda, che poi il trattato di pace di Parigi assegnerà alla Francia. Doyen aveva avuto precise e dettagliate istruzioni proprio da De Gaulle su quella “dimenticanza”. Nessun plebiscito si era tenuto in Val d'Aosta, da provincia qual era trasformata in Circoscrizione autonoma con decreto luogotenenziale di Umberto di Savoia del 7 settembre 1945, preludio allo statuto speciale. In questa maniera si era disinnescato l'ultimo tentativo francese di ottenere quel territorio per via legale, formula che De Gasperi definì come l'altra faccia della medaglia della politica brutale di Tito sui territori orientali. A est la Jugoslavia aveva potuto contare sull'appoggio comunista, mentre a ovest la Francia si era scontrata con un inedito e imprevisto sentimento nazionale italiano che in quell'emergenza aveva risaldato due anime lacerate dalla guerra civile.
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