s

Estero
Cosa prevede il nuovo regolamento europeo sui rimpatri
Ieri 12-03-25, 03:44
AGI - Il commissario agli Affari interni e migrazioni, l'austriaco Magnus Brunner, lo definisce l'anello mancante nel Patto per le migrazioni e l'asilo. Sono i rimpatri, che finora non hanno funzionato: solo uno su cinque lascia effettivamente il territorio e ci sono ventisette sistemi diversi che lasciano tante maglie per l'irregolarità. "Mettiamo ordine in casa nostra", ha detto la vicepresidente della Commissione europea, Henna Maria Virkkunen, illustrando il nuovo Regolamento sui rimpatri che sostituisce la direttiva ormai obsoleta del 2008. Per la Commissione non è solo una questione di numeri. È una questione di fiducia, equità e credibilità. "Viene minata la fiducia dei cittadini e si alimenta la retorica populista", ha aggiunto. Ma la retorica - di destra e di sinistra - troverà ampi spunti nella proposta di istituire degli hub per i rimpatri in Paesi terzi. Si tratta di strutture nei Paesi terzi dove poter trasferire persone già sottoposte a decisione di rimpatrio. Non si tratta di centri per richiedenti asilo, nè di modelli alla "Ruanda" o "Albania". I return hubs, insistono Brunner e Virkkunen, potranno essere attivati solo in Paesi che rispettano i diritti umani, in base ad accordi formali (bilaterali o Ue), con esclusione di minori non accompagnati e famiglie con bambini. La Commissione vigilerà sull'attuazione, anche con la collaborazione di organismi internazionali come l'Unhcr. "Gli hub per i rimpatri sono diversi rispetto al modello Albania ma guardiamo a tutte le altre soluzioni innovative, lo facciamo con mente aperta. Diamo un'occhiata, vediamo se funziona o meno. Se funziona, funziona", ha chiarito Brunner. In ogni caso - hanno fatto sapere fonti Ue - le strutture in Albania non potrebbero essere trasformate in centri per il rimpatrio prima che sia stato adottato il nuovo regolamento. L'altro pilastro della proposta è l'ordine europeo di rimpatrio. Registrato nel Sistema d'informazione Schengen, sarà valido in tutta l'Ue: un ordine di rimpatrio in uno Stato membro equivarrà a un ordine di lasciare l'intera Unione. A partire da luglio 2027, la Commissione potrà rendere obbligatorio il riconoscimento reciproco delle decisioni di rimpatrio tra Stati membri, se saranno rispettate le condizioni giuridiche e tecniche. La nuova normativa punta a incentivare il rimpatrio volontario, offrendo informazioni, assistenza, sostegno alla reintegrazione e incentivi economici. Ma, quando necessario, il rimpatrio forzato diventerà obbligatorio: in caso di mancata cooperazione, fuga in un altro Stato membro, superamento dei termini previsti o rischio per la sicurezza. Il testo introduce obblighi giuridici per i rimpatriandi: fornire dati, documenti, restare a disposizione delle autorità. Chi non collabora potrà perdere benefici, vedersi confiscati i documenti o subire misure più rigide. La detenzione rimane una misura di ultima istanza, ma sarà possibile in caso di rischio di fuga, fino a 24 mesi (rispetto agli attuali 18), o ancora più a lungo per chi rappresenta un pericolo per la sicurezza, su decisione di un giudice. Allo stesso tempo, la cooperazione sarà premiata.
CONTINUA A LEGGERE
8
0
0
Guarda anche
Agi
Ieri, 21:00
L'esercito ucraino si sta ritirando dal Kursk
Agi
Ieri, 20:38