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Cronaca
Gli agostiniani di papa Leone XIV, che amano i fiori e nascono da un pero
Oggi 09-05-25, 01:59
AGI - Probabilmente è questo, al di là di evocativi richiami pur evidenti alla questione sociale, il motivo per cui Prevost, da ieri successore di Pietro, ha scelto per sé l'onomastica leonina. Grandi Papi, fermatori di barbari che si credevano padroni del mondo, costruttori di difese per proteggere una cristianità agitata da terribili sconvolgimenti di guerra, eppure in fondo legati a epoche passate: mediamente uno ogni secolo, negli ultimi cinque. Ma l'ultimo, il romanissimo Pecci che volle per primo liberare la Chiesa dal soffocante ricordo di Porta Pia e restituirle dimensione più spirituale, proprio per questo prese un ordine destinato in apparenza ad ineluttabile declino e ne fece risorsa della Cristianità. Se i salesiani spuntavano da ogni angolo a ricordar le fabbriche e i loro forzati, gli agostiniani ridavano vigore e spiritualita' ad un gregge smarrito. Con la forza del loro ispiratore che da Ippona aveva restituito vita, inverandolo di Cristo, al Vecchio Mondo ormai invecchiato. Per ridare slancio all'Ordine - particolare anch'esso di significato - Leone XIII chiamò un italiano che però negli Stati Uniti aveva vissuto. Si chiamava Padre Antonio Neno. Era da un secolo e passa che un imperatore asburgico, Giuseppe II, aveva piegato le ginocchia di quei frati colti e poco inclini al compromesso. Los von Rom, si diceva a Vienna mentre si chiudevano conventi, si intascavano beni e si allontanavano giovani dagli altari. Neno e Pecci riaprirono le scuole, risollevarono i caduti, riacchiapparono per i capelli giovani altrimenti destinati a perdersi negli slum della Prima Rivoluzione Industriale. Qualcuno i capelli non li salvò, ma perché adottò la chierica. Gli altri a studiare, studiare, predicare e studiare. Soprattutto i sacri testi di Agostino vescovo d'Ippona. La missione Sociale e teologica, la missione dell'Ordine di Sant'Agostino è tutta in un quadro conservato nella chiesa che del santo eponimo porta anch'essa il titolo. È qui che Caravaggio appese una Madonna recante le fattezze di una ragazzotta romana un po' disinibita e di un pellegrino che, orrore, mostrava alla ricca committenza un paio di piedi sudici e, si suppone, maleodoranti. Ma esiste cosa più sublime di un Gesù Bambino sorretto da una Maria di Roma, mentre benedice un picaro cencioso? Somma sintesi di teologia e pensiero sociale in nuce, che a leggere Agostino è frutto di un albero di pere. Stentava, quell'albero, stortignaccolo e rachitico nel campo del vicino di quel Santo, che all'epoca era ancora giovane e briccone. Recava pochi frutti, per di più mezzi bacati. Ugualmente lo sconsiderato ne fece razzia, per puro divertimento, rubando al contadino. Giunto all'altro capo della vita, avrebbe meditato: "Il furto certamente lo punisce la legge tua, o Signore, e anche quella legge che è scritta nel cuore degli uomini e che neppure la stessa loro diffusa iniquità riesce a cancellare: in realtà, qual ladro lascia derubarsi di buon animo da un altro ladro? Neppure chi abbia larghezza di mezzi lascia derubarsi da chi sia spinto da ristrettezza". Si noti l'accostamento tra il ladro e il ricco che non condivide i beni: non è certo casuale. Ugualmente, la proprietà non è condannata, e le regole degli uomini non sono per forza sbagliate: possono essere riflesso della bontà di quelle celesti. Insomma, non del mondo è l'agostiniano, ma nemmeno contro. La storia Non si cada nell'equivoco: l'Ordine non fu fondato da Agostino. La sua storia pare sia ben più recente, avendo la miseria di soli otto secoli di vita. Era quel tredicesimo secolo che vide Francesco l'Assisiate prendere il posto di Galgano di Guidotto, Dante prendere il posto di Chretien e la Commedia soppiantare il Ciclo di Re Artù. La spiritualità si evolveva, passando dal romitaggio individuale alla regola conventuale, e tanti di quei cavalieri stanchi di armi e di battaglie prendevano il saio ma non più per schifare il mondo, bensì per amarlo. Qualcuno abbracciò un libro, qualcuno si mise a studiare i fiori. Gregor Mendel ci avrebbe regalato la moderna teoria dell'ereditarietà, e la pace sia con chi ancora crede nella partenogenesi. Dopo la crisi dell'Ottocento e l'intervento salvifico di Pecci, gli agostiniani hanno mantenuto la vocazione e hanno registrato una certa crescita, al netto della generale crisi delle vocazioni. Questo grazie a un terz'ordine di prim'ordine e a conventi e parrocchie ben curati nel territorio. Uno di loro, Padre Antonio Lombardi, ha suscitato con le sue dotte pubblicazioni persino l'ammirazione del cardinal Ravasi. Quanto ai pittori, Caravaggio sta in centro, ma a Santa Prisca sull'Aventino come a Santa Maria del Popolo i frati hanno accolto le opere del meglio della Scuola Romana del Novecento. Il che ci induce ad un paio di considerazioni finali, legate entrambi alla pop culture americana, quella che Padre Neno conosceva bene e Leone XIV conosce ancor meglio. A Santa Maria del Popolo (per essere ancor più esatti: nella Cappella Chigi) Dan Brown ambienta parte del suo "Angeli e Demoni", che di conclavi parlava diffusamente. Avrebbe potuto immaginare meglio: mai invenzione tanto astrusa ha avuto modo di sfiorare la profezia, ma l'ha clamorosamente mancata. La seconda: essendo Prevost americano di Chicago, e ora in innegabile missione per conto di Dio, non può non essere associato Joliet ed Elwood Blues. Il mondo moderno, del resto, è ormai pieno di nazisti dell'Illinois.
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