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Estero
Il prossimo Papa? "Non fidatevi degli indietristi". Parola di Francesco
Ieri 07-05-25, 17:44
AGI - "Anche io ci penso a quel che sarà dopo di me, ne parlo io per primo". Così Papa Francesco parlava del suo successore in una delle due interviste rilasciate al direttore del Tg1, Gian Marco Chiocci, ora pubblicate nel libro "Dialogo con Papa Francesco - Non temete la morte", in questi giorni in libreria per Compagnia Editoriale Aliberti. E proprio negli istanti in cui i cardinali sono chiusi nel Conclave che sceglierà il prossimo Pontefice, è lo stesso Papa Francesco dalle pagine di questo libro a dirci qual è il sentimento che anima la scelta del successore di Pietro. "C'è sempre quella malinconia del passato: una cosa che accade nelle istituzioni, e anche nella Chiesa. Ci sono coloro che vogliono tornare indietro: gli indietristi, che non accettano che la Chiesa vada davanti, che sia in cammino. È sempre in cammino, la Chiesa deve crescere. Anche il suo modo di essere Chiesa deve crescere, dalle radici, con i tre princìpi tanto belli di Vincenzo di Lérins, il padre del V secolo: ut annis consolidetur, dilatetur tempore, sublimetur aetate. Dalle radici, come il succo dell'albero che cresce e sale, ma sempre attaccato alla radice. Una Chiesa che si stacca dalle radici va indietro, e perde questo succo della sana tradizione. Che non è conservatorismo: la tradizione cresce e deve andare avanti". Chiocci, il primo a portare un Papa al Tg1, in queste pagine riporta i testi delle due interviste con Bergoglio: quella del 2020 in piena pandemia e la seconda, di 45 minuti andata in onda su Rai1 il primo novembre 2023 a poche settimane dall'inizio della guerra in Medio Oriente. E proprio dall'attacco del 7 ottobre inizia l'intervista. "La guerra è una sconfitta. Io ho sentito una sconfitta in più. Sono due popoli che devono vivere insieme, con quella soluzione saggia: due Stati, ben delimitati, e Gerusalemme con uno status speciale" è la prima riflessione che Bergoglio affida al giornalista con il pensiero anche a un altro popolo in guerra, quello ucraino a cui fino alla fine ha rivolto un pensiero e una preghiera. "Quello ucraino è un popolo martire. Non dimentichiamo che ha sofferto persecuzioni molto forti all'epoca di Stalin". E ancora "il secondo giorno della guerra in Ucraina, sono andato all'ambasciata russa. Ho sentito che dovevo andarci. - ha raccontato Papa Francesco - All'ambasciatore ho detto che ero disposto ad andare da Putin, se serviva a qualcosa. L'ambasciatore era bravo – adesso ha finito il suo incarico, è diventato un funzionario in Russia. Da quel momento ho avuto un buon colloquio con l'ambasciata russa" e "mi scrisse Lavrov: grazie per l'offerta di venire a Mosca, ma non è necessario. Sì, io volevo andare da ambedue le parti". Ma tra le pagine che fanno il bilancio del Sinodo, affrontano la necessità di rinnovamento della Chiesa e il ruolo delle donne nel cattolicesimo emergono anche parole che descrivono bene quello che è stato tracciato nei suoi 13 anni a San Pietro. L'attenzione per i migranti, ai quali ha dedicato una delle sue prime visite apostoliche a Lampedusa gettando in mare una corona di fiori per tutte le vittime del Mediterraneo. Non mancano i riferimenti ai grandi del calcio – Maradona, Pelé e Messi – che restituiscono il volto più umano e appassionato di Francesco. Ma "Dialogo con Papa Francesco" non è solo analisi politica e religiosa: il lettore viene accompagnato anche nella sfera più intima del Pontefice. Un migrante che non ha dimenticato le sue origini profondamente piantate in Italia. "Io sono figlio di migranti. In Argentina siamo quarantasei milioni, credo, e gli indigeni sono soltanto sei milioni, non di più, gli altri sono tutti migranti. È proprio un Paese fatto di migrazioni: italiani, spagnoli, ucraini, russi, dal Medio Oriente. Tutti questi che vengono dal Medio Oriente noi li chiamiamo turchi, perché arrivavano col passaporto turco del grande Impero ottomano.Io sono abituato a vivere in un Paese di migranti. Mio papà lavorava alla Banca d'Italia ed è andato migrante in Argentina. È rimasto lì ed è morto lì. Ha messo su famiglia lì. Per me l'esperienza della migrazione è una cosa esistenziale, forte. Ci sono state migrazioni brutte anche nel dopoguerra; ma oggi è sempre una cosa molto drammatica". Un plauso, il Pontefice, lo riservava alla Ue: "Mi è piaciuto quando la presidente del Parlamento europeo è andata a Lampedusa a vedere di persona.Questo mi piace, perché fa vedere che l'Unione europea sta pensando di prendersi carico della questione". Oltre alle riflessioni sulla migrazione e sull'emergenza climatica, il libro esprime la capacità di Papa Francesco di parlare al cuore delle persone, donando speranza e tracciando percorsi alternativi rispetto alla paura e all'odio. Dopo le dimissioni di Ratzinger, Francesco si è trovato a convivere con un Papa emerito, ereditandone "una scatola" di documenti che rappresentavano il lavoro di pulizia all'interno della Chiesa "da finire". E proprio a Benedetto XVI, il papa morto lo scorso 21 aprile, dedicava parole affettuose: "io non ho fatto altro che raccogliere il testimone di Papa Benedetto, ho continuato la sua opera" e "Benedetto per me è un padre e un fratello (...) È un uomo buono, è la santità fatta persona". E su come la Chiesa venga percepita tra la gente comune, il pastore argentino riporta un aneddoto. Quando è morto Papa Giovanni Paolo II, "mi trovavo in un autobus", ricorda Francesco, "stavo andando in una favela, quando venni raggiunto dalla notizia che stava facendo il giro del mondo. Durante la messa, chiesi di pregare per il Papa defunto. Finita la celebrazione mi si avvicinò una donna poverissima, chiese informazioni su come si eleggeva il Papa, le raccontai della fumata bianca, dei cardinali, del conclave. Al che lei mi interruppe e disse: “Senta Bergoglio, quando diventerà Papa per prima cosa si ricordi di comprare un cagnolino”. Le risposi che difficilmente lo sarei diventato, e se nel caso perché avrei dovuto prendere il cane… “Perché ogni volta che si troverà a mangiare”, fu la sua risposta, “ne dia un pezzettino prima a lui, se lui sta bene allora continui pure a mangiare”. Era un'esagerazione "ma dava conto dell'idea che il popolo di Dio, i poveri fra i più poveri al mondo, aveva della Casa del Signore attraversata da ferite profonde, lotte intestine e malversazioni". Un pontificato segnato dai conflitti, dalla pandemia che ha fermato il mondo e che lo ha visto solo pregare in piazza San Pietro, o recarsi alla Chiesa di San Marcellino al Corso in una Roma deserta. Immagini indelebili che rimarranno scolpite nella storia di Roma e del mondo. Ma come non ricordare anche l'impegno per l'ambiente, altra cifra distintiva del suo operato. E per farlo al solito usa un esempio semplice preso dalla pastorale di tutti i giorni: "A me piace parlare dei pescatori di San Benedetto del Tronto: bravi ragazzi, che sono venuti a trovarmi, ea dirmi di non so quante tonnellate di plastica che pescano. E non le ributtano in mare, no: le portano via, e perdono soldi, ma le portano via per pulire un po' il mare.Noi ci siamo comportati male male con la custodia del Creato" e "Siamo ancora in tempo per fermarci: è il nostro futuro, è il futuro dei nostri figli, dei nostri nipoti.Ci vuole un po' di responsabilità". E alla fine una nota da tifoso: Maradona, Messi e "Pelé: sono i tre giocatori che io ho seguito. Maradona, come giocatore un grande. Un grande. Ma come uomo ha fallito. Poveretto, è scivolato. Con quella corte intorno di quelli che lo lodavano e non lo aiutavano. È venuto a trovarmi qui il primo anno di pontificato. E poi, poveretto, ha avuto la fine che ha avuto… È curioso: tanti sportivi finiscono male. Anche dei boxeur. Tanti finiscono male. È curioso, questo. Messi è correttissimo. Correttissimo. È un signore. Ma per me, di questi tre, il grande signore è Pelé. Era un uomo di un cuore… Io ho parlato con Pelé, una volta l'ho incontrato su un aereo a Buenos Aires e gli ho parlato… Era un uomo di una umanità così grande… I tre sono grandi, ognuno con la sua specialità. Messi è bravo in questo momento. E Pelé era bravo".
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