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Cultura e Spettacolo
La guida alle "abbuffate spirituali" di Natale
13-12-2024, 09:34
AGI - Natale è tempo di feste e grandi tavolate. Ma attenzione: “Mangiare cibi geneticamente modificati o artefatti ci rende barbari”. A dirlo è padre Enzo Bianchi, fondatore della comunità monastica di Bose, nell'area del comune piemontese di Magnano, in provincia di Biella. Il religioso non si riferisce a ogm con dentro chissà quale forza vitale in grado di rendere chi li mangia maleducato e rozzo nei modi. Semmai, però, a organismi subdolamente capaci di provocare una inaspettata confusione a livello spirituale. “Non credo – precisa - che questi alimenti nutrano allo stesso modo la nostra umanità. Il cibo è frutto di cultura, lavoro, tradizione e, soprattutto, di quel dono di amore che proviene da chi ha fatto da mangiare. Invece, ultimamente – nota l'ex priore della comunità - una povertà si è impossessata delle nuove generazioni, che non sanno più cos'è un peperone, un sedano, non hanno più la grammatica elementare degli alimenti che servono al nostro cibo. Tutto questo è un imbarbarimento, un impoverimento del modo di mangiare”. Rimedi? In primis, padre Bianchi raccomanda l'importanza dello stile di stare a tavola. E cita quello dei monaci: “Non bisogna aggredire gli alimenti – suggerisce - ma consumarli in silenzio e con calma. Benediciamo il Signore per i doni che ci ha fatto – aggiunge - e prendiamo consapevolezza di quel che mangiamo, con gioia e gratitudine. La tavola – sintetizza - è un grande magistero di vita: s'impara a parlare, a stare insieme, a fare comunità; a mangiare, bere, gioire e soffrire assieme”. Per il religioso, il massimo sarebbe di avvicinarsi allo stile orientale. “Lì – spiega - c'è un senso dell'unità dell'uomo molto più forte che da noi. Si dice: perché ci sia un uomo ben riuscito occorre che abbia accanto a sé un dietologo, un medico e un padre spirituale. Dobbiamo imparare da questo”. E infatti, secondo le regole buddiste il cibo è proprio un canale privilegiato di comunione con il divino. Come scrive il sacerdote Guidalberto Bormolini nel libro I vegetariani nelle tradizioni spirituali, “nelle dottrine yogiche ogni cibo esercita un'influenza tanto fisica quanto mentale e spirituale sulla natura dell'uomo”. Per lo yoga (e l'induismo) la pietanza è impregnata di energia, il prana. E - continua il teologo - “può essere assorbito dalla pelle, dalla respirazione e dalla nutrizione: più dalla lingua che dallo stomaco e dall'intestino”. Quindi, il dettaglio che rafforza le parole di padre Bianchi: “I cuochi nelle comunità religiose – specifica l'autore - sono generalmente sacerdoti della casta dei brahmani, che cucinano per i discepoli con l'intenzione di benedirli attraverso il cibo”. Invece, nel cristianesimo “il vero comandamento è la condivisione - illustra l'antropologo Marino Niola in Mangiare come Dio comanda, scritto assieme a Elisabetta Moro - e l'unico precetto è la temperanza. Il cristianesimo ha compiuto un passo decisivo verso un'alimentazione libera da tabù e ha fatto della convivialità un valore supremo”. Tutto confermato pure da padre Bianchi: “Siamo liberi di mangiare quello che vogliamo – rassicura – ma nella sobrietà e nella condivisione”. Ed è proprio sul concetto di comune partecipazione, nello specifico sui banchetti in parrocchia per i meno fortunati, che il religioso ha qualcosa da dire. “Secondo me – chiarisce - fare queste mense in chiesa non è carità vera ma presbite: si ama, si fa del bene, purché questi poveretti restino lontani da casa propria. Invece – sollecita – ritengo sia molto più serio che nei giorni di Natale ogni famiglia cristiana inviti a casa un emigrante, un povero, uno scarto della società e lo metta alla tavola, gli dia quella dignità e mangi in piena comunione. Questo è uscire dal regime, oserei dire, dell'elemosina per entrare in quello della comunione”.
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