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Politica
La resa dei conti nel Pd è molto lontana
Ieri 12-06-25, 01:38
AGI - Su una cosa le due anime del Pd sono concordi: il redde rationem non ci sarà. Almeno, non a breve. Da statuto, il congresso dovrebbe celebrarsi nel 2027, nell'imminenza delle elezioni politiche. Un anno e mezzo. Se le regionali d'autunno dovessero sancire una vittoria per il Pd, la segretaria potrebbe decidere di massimizzare il risultato in un congresso "plebiscitario" che la rafforzi in sella al Pd e la lanci verso le politiche. Quale che sia l'intenzione della segretaria, dunque, se ne riparlerà alla fine del 2026, non prima. Anche per non partire troppo in anticipo con la corsa alle politiche rischiando di 'bruciarsi'. Dunque, se è vero che il flop del referendum ha smosso le acque interne, facendo riemergere i malumori dell'ala riformista, è convinzione diffusa nel Pd che precipitare oggi a un congresso anticipato non conviene a nessuno. Non conviene ai riformisti perché, è il ragionamento di fonti della maggioranza che sostiene Schlein, non hanno un candidato pronto per essere schierato. Non conviene alla segretaria perché, anche se dovesse uscire vincente dai 'gazebo', si troverebbe nella condizione di dover trattare una "onorevole sconfitta" con l'avversario. Tradotto: trovare incarichi di primo piano per gli esponenti della mozione di minoranza così da rispettare il principio di pluralismo interno. Ma, soprattutto, non conviene al Partito Democratico in una fase in cui si preparano le elezioni regionali, con buone chance di ottenere un risultato positivo, e con il cantiere delle alleanze che comincia a prendere piede, come ha dimostrato la piazza convocata su Gaza. Non sarebbe, comunque, Elly Schlein ad agitare lo spettro di un congresso anticipato. Lo assicura un dirigente dem puntando il dito su chi, all'interno della maggioranza interna, vuol mettere sul chi va là i riformisti. Non sembra un caso, d'altra parte, che uno spettatore interessato come Matteo Renzi getti acqua sul fuoco dicendo che "il centrosinistra deve smettere di litigare sul niente". Il leader di Italia Viva avrebbe tutto l'interesse a fomentare lo scontro interno, così da far risuonare i richiami verso i riformisti dem. Un confronto rimandato Allo stesso tempo, i riformisti dem non sembrano avere alcuna intenzione di ingaggiare una lotta all'ultimo sangue con la maggioranza interna. E questo non tanto, e non solo, perché non hanno un candidato immediatamente spendibile - "quello si trova sempre" - quanto perché anticipare la conta interna rischierebbe di vedere ridotti gli spazi negli organi statutari. Di uscire dal Pd, poi, nemmeno a parlarne. Lo dimostra la risposta del senatore Filippo Sensi a Goffredo Bettini che ha ipotizzato la creazione di una 'tenda' per i moderati: "Leggo dotte teorizzazioni sulla necessità di una 'tenda' dove raccogliere liberali, moderati. Ovviamente, fuori dal Pd. Magari lontano dalla vista, fosse mai che disturbino. Ricordo che il nostro partito è nato proprio come luogo di questa contaminazione. E continuerà a esserlo". Nella minoranza c'è chi ritiene che l'idea di un contenitore in cui "relegare" i riformisti sia una idea condivisa dalla maggioranza dem, non esclusa quella che guarda a Dario Franceschini (al quale viene attribuita anche la paternità dell'operazione Ruffini). A questo si aggiunge il malumore dei riformisti per l'interpretazione del ruolo di opposizione interna data da Stefano Bonaccini. L'intervista con cui il presidente del Pd invita oggi a guardare al futuro, respingendo l'idea di tenere una riunione della corrente di Energia Popolare, è letta dallo zoccolo duro dei riformisti come la prova che "ormai non c'è più una minoranza interna". E, viene spiegato, se così è, "tra non avere una minoranza e l'essere il 20 per cento in assemblea, qualcuno potrebbe scegliere la seconda ipotesi", chiedendo o dicendo di sì al congresso. Lo spazio per una discussione, in ogni caso, ci sarà: prima dell'estate l'assemblea andrà convocata - lo prevede lo statuto - e prima di essa ci sarà una direzione. Un'altra direzione dovrebbe tenersi venerdì, ma si tratta di un appuntamento definito 'tecnico', sul bilancio, e tutto da remoto. Saranno quelli i passaggi in cui si potrà tornare su quanto visto con il referendum, ma con scarse possibilità di assistere a colpi di scena. D'altra parte, come osserva un esponente dem, Elly Schlein gode di una maggioranza schiacciante nell'assise dem, con quasi il 90 per cento dei delegati.
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