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Cronaca
Oltre 20 anni dopo si ricostruisce la dinamica dell'omicidio di Nada Cella
Ieri 29-05-25, 16:23
AGI - Prosegue il processo per l'omicidio di Nada Cella, uccisa nello studio del commercialista Marco Soracco, il 6 maggio 1996, a Chiavari. In aula oggi sono stati sentiti, in qualità di testi dell'accusa, l'esperto informatico Mattia Epifani, il medico legale Francesco Ventura e una dirigente della Polizia scientifica di Roma, Daniela Scimmi. Il caso, ancora senza colpevole, era stato riaperto nel 2021. L'imputata per questa nuova fase dibattimentale è Annalucia Cecere, accusata di aver commesso il delitto. Secondo quanto rilevato dagli esperti, le macchie di sangue negli angoli della stanza e dietro i mobili "danno l'idea della dimensione della vastità dell'agire aggressivo" dell'omicida. In particolare, "la ripetitività e brutalità dei colpi alla testa" della vittima ne hanno determinato il decesso. Lo ha dichiarato in aula il professor Francesco Ventura, medico legale che si è occupato della perizia sui documenti dell'autopsia sul corpo di Cella, effettuata subito dopo l'omicidio. Prima del medico legale, in aula era intervenuto Mattia Epifani, perito informatico, che ha presentato la relazione sugli accessi al PC di Cella nell'ufficio del commercialista Marco Soracco, per cui lavorava. Secondo il perito, che ha esaminato un anno di attività sul dispositivo della giovane, l'accesso delle 7:50 della mattina dell'omicidio era anomalo. L'attività normale di Nada partiva infatti solitamente attorno alle 9 del mattino. In aula sono state mostrate le foto d'epoca del delitto: in particolare, la macchia di sangue a raggiera, indica secondo gli esperti che l'azione è stata ripetuta con oggetti contundenti al capo, "almeno una decina di colpi". La vittima, presumibilmente era supina e l'aggressione potrebbe essere avvenuta in due momenti diversi. "Potrebbe esserci stata una veloce dinamica quando non era a terra, ma a terra ha avuto l'azione aggressiva mortale con colpi ripetuti, che fanno pensare a un delitto di impeto" ha sottolineato Ventura. C'erano anche lesioni coerenti con ferite da difesa, specie negli arti superiori, nella zona dorsale. In aula anche Daniela Scimmi, direttore tecnico e biologo della Polizia scientifica di Roma. Per la dirigente, in questo cold case non esiste una "pistola fumante" alla luce delle indagini tecnico-scientifiche. L'arma del delitto, inoltre, non è mai stata trovata: potrebbe essere stata usata la pinzatrice che non era più presente nell'ufficio dopo l'omicidio. O un portaombrelli, che presenta alcune macchie, che però potrebbe essere stato lavato e poi ritrovato in cucina.
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