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Estero
Paesi terzi sicuri, il Consiglio dell'Ue ha raggiunto l'accordo
Oggi 08-12-25, 18:07
AGI - In una giornata definita "decisiva" per la politica migratoria europea, i ministri degli Interni hanno trovato l'intesa su tre regolamenti di peso che ridisegnano il sistema comune su rimpatri, Paesi sicuri e solidarietà, segnando - secondo il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi - "la svolta che l'Italia chiedeva da tempo". Al Consiglio Affari Interni, i governi hanno chiuso l'accordo sul nuovo regolamento rimpatri, che introduce per la prima volta obblighi precisi per i cittadini di Paesi terzi irregolari, procedure accelerate e la possibilità di creare "return hubs" (o centri di rimpatrio) in Paesi non Ue. E l'Italia già candida i centri albanesi a primo modello europeo di 'return hubs'. Il ruolo dell'Italia e le nuove procedure di frontiera Piantedosi ha rivendicato il ruolo giocato da Roma: "Finalmente abbiamo ottenuto una lista europea dei Paesi di origine sicuri, riformato completamente il concetto di Paese terzo sicuro e ci avviamo a realizzare un sistema europeo per i rimpatri realmente efficace. Gli Stati membri potranno applicare procedure accelerate di frontiera, come previsto dal protocollo Italia-Albania, e i ricorsi non avranno più effetto sospensivo automatico". Riforma del concetto di paese terzo sicuro e lista Ue Il Consiglio ha adottato anche la propria posizione sulla riforma del concetto di Paese terzo sicuro e sulla prima lista Ue dei Paesi di origine sicuri. Le nuove regole permetteranno di dichiarare inammissibili le domande d'asilo in tre casi: transito nel Paese terzo sicuro, accordo formale con un Paese sicuro o presenza di una "connessione", che però non sarà più requisito obbligatorio. Decade anche il diritto automatico a rimanere nell'Ue durante i ricorsi, pur restando la possibilità di chiedere una sospensiva al giudice. Per la prima volta viene definita una lista Ue di Paesi sicuri di origine: Bangladesh, Colombia, Egitto, India, Kosovo, Marocco e Tunisia, oltre ai Paesi candidati all'adesione, salvo eccezioni legate a conflitti o violazioni sistemiche dei diritti fondamentali. Secondo i ministri, questo consentirà di velocizzare le procedure e di concentrare gli sforzi sui richiedenti realmente bisognosi di protezione. Il 'solidarity pool' e il patto migrazione e asilo Sul fronte interno, i Ventisette hanno raggiunto anche l'accordo politico sul "solidarity pool" del Patto migrazione e asilo per il 2026, pari a 21 mila ricollocamenti o contributi equivalenti da 420 milioni di euro, destinati a sostenere i Paesi sotto pressione: Italia, Grecia, Cipro e Spagna. La scelta della forma di solidarietà - ricollocamenti, fondi o misure alternative - resterà in capo ai singoli governi. Francia, Germania e altri partner avranno inoltre margini di riduzione degli obblighi se colpiti da pressioni migratorie cumulative negli anni precedenti. L'anticipazione delle norme e il modello albanese Piantedosi esulta anche per l'anticipazione di alcune norme del Patto - che permetteranno ai centri in Albania di operare subito a pieno regime e "rafforzando i poteri degli Stati di frontiera nella distinzione rapida tra chi ha diritto all'asilo e chi deve essere rimpatriato". "I centri torneranno a essere pienamente operativi per tutte le funzioni per cui erano stati concepiti, candidandosi a diventare il primo esempio dei return hubs previsti dal regolamento europeo", ha affermato il capo del Viminale. Quanto alla gestione, resterà italiana, anche se la normativa Ue consente future esternalizzazioni. Successo italiano e critiche spagnole Per l'Italia, la giornata rappresenta "un grande successo", ha detto Piantedosi, ricordando la decisione condivisa con la Germania di sospendere il Regolamento Dublino fino all'entrata in vigore del nuovo Patto "superando definitivamente le critiche" rivolte a Roma quando aveva adottato la stessa scelta unilateralmente. "Compensiamo questo con il nostro ruolo pieno di Paese di primo ingresso e controllore della frontiera esterna", ha assicurato il ministro. Critica la Spagna che - con il ministro Fernando Grande-Marlaska - ha espresso "dubbi giuridici" sull'introduzione degli hub di rimpatrio.
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