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Cronaca
Svolta clamorosa sull'omicidio di Piersanti Mattarella, la Dia arresta un ex prefetto
Oggi 24-10-25, 13:50
AGI - Depistaggio sull'omicidio di Piersanti Mattarella: è l'accusa per la quale la Direzione investigativa antimafia ha eseguito l'ordinanza del Gip con cui è stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari a Filippo Piritore, ex funzionario di polizia già in servizio presso la Squadra mobile di Palermo ora in quiescenza. È accusato di depistaggio 'dichiarativo' nell'ambito delle indagini che la procura della Repubblica conduce con riferimento all'omicidio del presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella del 6 gennaio 1980. L'indagato in particolare sentito, nel settembre del 2024, dai magistrati della procura quale persona informata sui fatti, in ordine alla ricostruzione delle vicende concernenti un guanto di pelle marrone di mano destra, ritrovato lo stesso giorno dell'omicidio a bordo della Fiat 127 utilizzata dagli assassini ma mai repertato né sequestrato da parte della Squadra mobile - ha reso dichiarazioni rivelatesi "del tutto prive di riscontro", spiega la procura, con le quali "ha contribuito a sviare le indagini in corso funzionali (anche) al rinvenimento del detto guanto (mai più ritrovato)". Quarantacinque anni dopo, dunque, arriva una svolta clamorosa nelle indagini sull'omicidio del presidente della 'Regione dalle carte in regola', avvenuta in via Libertà, nell'Epifania del 1980 da due killer ancora senza nome. L'indagato disse di avere consegnato il reperto, in maniera che sarebbe stata del tutto irrituale al sostituto procuratore Pietro Grasso, titolare delle indagini: "Il magistrato però - osserva la procura di Palermo - non poteva compiere alcuna investigazione attraverso il possesso materiale del guanto, possesso che anzi avrebbe ritardato inutilmente le indagini". Da qui un altro elemento di accusa nei confronti di Piritore: "Grasso, sentito a sommarie informazioni a settembre 2024, ha affermato di non avere mai ricevuto nel guanto rinvenuto all'interno della Fiat 127 né alcuna notizia in proposito da parte della polizia giudiziaria". Segno che il reperto fu fatto sparire già all'epoca, 45 anni fa, poco dopo l'omicidio Mattarella, in maniera deliberata. Il depistaggio è stato poi ribadito nel 2024, quando il prefetto oggi in pensione tornò a ripetere la propria versione. Il video della Dia Le versioni contraddittorie di Piritore Il funzionario della Squadra mobile Piritore - sentito nel 2020 e poi nel settembre 2024 - avrebbe ribadito una versione più volte modificata e per niente credibile, di avere dato il fondamentale reperto a un agente, tale Di Natale, nell'immediatezza dei fatti, perché lo consegnasse al magistrato titolare delle indagini, Pietro Grasso; poi aveva detto di aver consegnato il guanto a un altro agente, Lauricella della polizia scientifica; infine che ci sarebbe stata un'annotazione in possesso della Squadra mobile, tale da comprovare quanto da lui riferito. Annotazione in realtà inesistente. Depistaggi istituzionali e l'ombra di Contrada Il sistema adottato, di fingere di aver dato un reperto così importante a un operatore di polizia che non aveva alcuna competenza in materia e che non faceva parte della Scientifica, "generò una stasi investigativa a causa della quale il guanto venne definitivamente dimenticato", scrivono gli inquirenti della procura di Palermo nella richiesta di custodia cautelare presentata nei confronti di Filippo Piritore. "Non si rivela una inaudita novità - si legge ancora nell'atto giudiziario - che per tale delitto figure istituzionali abbiano sviato, depistato, inquinato, ritardato le investigazioni sugli autori materiali del delitto, addirittura attraverso la soppressione di una fonte di prova privilegiata, l'unica che avrebbe potuto condurre direttamente all'assassino". Questo sarebbe avvenuto "per finalità di copertura la cui intima essenza rimane oggetto degli accertamenti in corso sull'identificazione degli autori dell'omicidio". Gli inquirenti citano a proposito dei depistaggi, l'allora questore di Palermo Vincenzo Immordino, definito protagonista "di due tentativi di sviamento delle indagini". Per uno di questi sarebbero stati sentiti con notevole ritardo testimoni fondamentali come lo stesso ministro degli Interni Virginio Rognoni, da cui era andato Mattarella poco prima del delitto. Il capo centro del servizio segreto Sisde, Giovanni Ferrara, aveva scritto un appunto per il direttore del Sismi, scrivendo che i sospetti si appuntavano su "un giovane killer non siciliano appartenente a un non precisato gruppo terroristico di sinistra". Immordino avrebbe definito "persona qualificata e attendibile" persino l'ex sindaco mafioso Vito Ciancimino, non a caso già allora ritenuto uno dei possibili corresponsabili dell'omicidio. Poi spicca la figura di Bruno Contrada, dirigente del centro Criminalpol per la Sicilia occidentale e dirigente ad interim della squadra mobile di Palermo dopo l'omicidio di Boris Giuliano (21 luglio 1979). L'ex dirigente e numero tre del Sisde, oggi 94 enne, compì una serie di indagini, sull'omicidio, sentendo personalmente sia la vedova, Irma Chiazzese, che il figlio della vittima, Bernardo Mattarella. Piritore aveva subito detto di aver informato il proprio dirigente, appunto Contrada, del ritrovamento del guanto - poi sparito - trovato nell'auto dei killer. Circostanze che l'indagato riferisce senza assoluta certezza, a causa, spiega, del lungo tempo trascorso dall'epoca dei fatti. Emerge pero' che tra il dirigente e il funzionario c'era un rapporto che andava oltre quello di lavoro, visto che Contrada - stando alle annotazioni sulla sua agenda - era invitato al battesimo della figlia di Piritore, nata un mese dopo l'omicidio Mattarella. Contrada e' stato condannato a 10 anni per concorso in associazione mafiosa. Sentenza poi dichiarata "ineseguibile" prima dalla Corte europea dei diritti dell'uomo e poi dalla Cassazione, ma questo - secondo i pm di Palermo - non toglie alcuna forza al valore dei fatti accertati, e cioé i rapporti fra Contrada e boss mafiosi, tra cui Toto' Riina. Pm, le indagini sviate da pezzi delle istituzioni "Nella ricerca del materiale utile alle nuove investigazioni di tipo tecnico, si è avuto modo di accertare (ulteriormente) che le indagini dell'epoca furono gravemente inquinate e compromesse dall'opera di appartenenti alle istituzioni che, all'evidente fine di impedire l'identificazione degli autori dell'omicidio del presidente Mattarella, sottrassero dal compendio probatorio un importantissimo reperto, facendone disperdere definitivamente le tracce". È quanto sostengono, con riferimento alla sparizione del guanto ritrovato nella 127 utilizzata dagli assassini, i pm della procura di Palermo nella richiesta di misura cautelare, accolta dal gip Antonella Consiglio. . Nella fattispecie secondo i pm "nel corso delle ricerche del guanto si è realizzato il delitto di depistaggio posto in essere da Filippo Piritore, in occasione delle dichiarazioni rese il 17 settembre 2024 quando, al precipuo fine di ostacolare e sviare le attuali indagini in corso sul delitto Mattarella, l'ex appartenente alla Squadra mobile di Palermo ha affermato circostanze certamente e incontrovertibilmente false".
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