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Andateci piano con la crocifissione di Sinner
Oggi 08-09-25, 09:58
Ha perso, è stato dominato, non è più il numero uno al mondo, ma non ha senso accennare a un qualsiasi de profundis. Jannik Sinner ha capito, sfidando Carlos Alcaraz nella finale degli Us Open, che la migliore versione dello spagnolo è migliore della sua miglior veste. Almeno per ora. Per questo alla fine del match, con il suo solito realismo, ha illuminato bene quel che gli manca per essere competitivo in partite come quella di ieri. "Carlos varia spesso, gioca la smorzata, il back, va a rete. Io non diventerò mai come lui, resterò sempre me stesso, ma per crescere devo uscire dalla mia comfort zone. È l’unico modo per diventare più completo. Quando poi torni alla tua zona di sicurezza, lo fai con nuove armi, con più consapevolezza". Altro che scuse: tornare a lavorare per cercare un domani, chissà, di batterlo con più continuità. Ora, complice anche un paese che si è appassionato al tennis con una rapidità che ha lasciato indietro molte (troppe) competenze, qualcuno dirà che non ha retto la pressione, ché questa di New York era la vera sfida per capire di che pasta fosse fatto. Eppure aver mantenuto la prima posizione mondiale per 65 settimane, quasi il doppio di Alcaraz (che si era fermato a 37 consecutive e adesso riprenderà il conteggio), ci consegna la realtà di un giocatore che, nell'ultimo anno, nonostante i tre mesi di stop per il caso Clostebol, ha perso quasi unicamente contro lo spagnolo. Sì dirà: ok, è forte, ma non è al livello di Alcaraz. Ma se anche fosse, dovesse vincere più di dieci slam (ed è sulla buona strada, con questi ritmi, per superare la soglia) parleremmo comunque di una delusione? Suvvia. Siamo pur sempre il movimento sportivo che fino a qualche anno fa esultava per Davide Sanguinetti ai quarti a Wimbledon. E adesso nella racchetta, maschi e femmine, è al vertice da anni. La sconfitta negli Stati Uniti per Sinner è molto diversa da quella di Parigi, dove l'altoatesino ebbe tre match point consecutivi, era avanti di due set e alla fine della partita aveva dovuto subire una specie di breakdown emotivo sotto il peso delle occasioni perse. Qui, a Flashing Meadows, non ha avuto mai il controllo della situazione. Sin dal primo game al servizio. Quando ha perso la battuta dopo un gioco durato più di otto minuti. E con una percentuale di prime di servizio sotto al 50 per cento che lo ha perseguitato per tutto il torneo ma che non poteva non presentare il conto con uno come Alcaraz. Che dal lato suo è stato il solito mix di esplosività ed eleganza (anche nelle parole dette a fine match, altro che antipatico!). I giornali italiani, soprattutto sportivi, son già che lì che calcolano entro quante settimane Sinner potrebbe tornare numero uno: quanti punti ha da difendere Alcaraz da qui alla fine della stagione, quando potrebbe esserci il controsoprasso. E' un esercizio quasi del tutto inutile: il tennis mondiale è diventato un duopolio ben rappresentato dalla spartizione degli ultimi 8 slam nelle due ultime stagioni: 4 Alcaraz e 4 Sinner. Con l'altoatesino che a New York ha raggiunto la quinta finale slam consecutiva. E' vero che negli scontri diretti contro lo spagnolo adesso è sotto 10 a 5, ma quello stesso giocatore che l'ha battuto 7 volte negli ultimi 8 confronti negli ultimi 16 mesi (e nonostante la squalifica) è stato dietro di lui nella classifica mondiale. Ci vincerà, ci perderà, non avrà mai il tennis muscolare e baldanzoso dello spagnolo, ma resta un alieno. Capace di tenerci attaccati alla tv di domenica per chissà quanti anni ancora, da Como a Siracusa (e nel weekend in cui la Ferrari ha confermato la sua inconsistenza nel Gp di casa, dovrebbe strapparci un sorriso in più). Godetevelo senza crocifiggerlo troppo.
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