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Economia e Finanza
Fra paura dei dazi e nuove tendenze, a Milano c’è Tuttofood
Ieri 07-05-25, 14:43
A Milano dal 5 all’8 maggio c’è Tuttofood, la fiera del cibo che gode della partnership tra Fiera Milano e Fiere di Parma. Alla manifestazione che si tiene negli spazi di Rho Fiera partecipano circa 4.200 marchi, per il 25 per cento stranieri, e circa 3mila buyers accreditati da tutto il mondo. Nei primi due giorni, l’evento è stato meta di più di 50mila visitatori professionali. È un’edizione segnata fin dall’inaugurazione dal tema dei dazi annunciati dall’amministrazione Trump. Il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, rispondendo ai giornalisti, si è detto fiducioso che la trattativa con gli Stati Uniti faccia comprendere ai “nostri amici statunitensi” quanto la produzione di qualità sia un buon affare per gli imprenditori italiani, ma anche per i distributori e il retail Usa. Tuttavia, nonostante il clima festoso, c’è preoccupazione anche negli stand. “I dazi preoccupano sempre”, commenta Mauro Frantellizzi, direttore export di Lactalis Italia. “La situazione statunitense - prosegue - va seguita con cura nei prossimi mesi per capire se in effetti ci saranno delle difficoltà di sviluppo o, se come accaduto tre o quattro anni fa, le cose si sistemeranno”. “L’incertezza nel mercato internazionale non ha mai fatto bene”, afferma Giuseppe Di Martino, ceo del Gruppo Di Martino che opera nel settore della pasta. I dazi lo preoccupano, e soprattutto “non sapere quanto costerà all’azienda esportare negli Stati Uniti nei prossimi mesi”. Quali contromisure prenderanno le aziende? Marcello Turini, sales director Central & North America di Granarolo, spiega che in parte si sta cooperando con importatori e distributori per mitigare l’effetto dei dazi, “anche se purtroppo i margini sono stati erosi profondamente”. Sulla stessa linea Simone Bocchini, presidente di Fratelli Beretta Usa: “Stiamo lavorando molto intensamente con tutti i nostri clienti negli Stati Uniti per mitigare il più possibile questo passaggio di costo al consumatore finale”. Ma a Tuttofood non si parla solo di dazi. Nel ricco panel di convegni, si spazia dal turismo enogastronomico alla riduzione degli sprechi, dalla comunicazione del food and beverage all’intelligenza artificiale. Fra i temi più discussi, nell’ampia area dedicata alle bevande, c’è l’avvento anche in Italia dei vini dealcolati o parzialmente dealcolati. Cos’è cambiato dal primo gennaio 2025, con l’entrata in vigore del decreto che ne permette la produzione anche in Italia? Matilde Peres, che parla a nome di Frizero, una startup produttrice di vino senza alcol, ci spiega che è cambiato un po’ l’approccio del consumatore. “Mentre prima c’era poca curiosità e una visione negativa, potendolo finalmente chiamare vino abbiamo espanso la possibilità a diversi consumatori di potersi approcciare in modo positivo a questo prodotto”. Seep è una linea di vini dealcolati prodotta da Hungrycircle srl. La sua co-founder, Alessia Zanin, ci racconta di rivolgersi “a chi per vari motivi non vuole o non può bere alcol”, per ragioni di salute, o perché intende guidare l’automobile, o è in gravidanza, o per motivi religiosi. Ci sono anche amari analcolici. Come l’Amaro Liborio Analcolico. Greta Finotti, responsabile marketing dell’azienda, è ottimista:“Il mercato no alcol è un mercato ancora un po’ di nicchia, all’estero lo è molto di meno, però assolutamente stiamo notando che negli ultimi mesi c’è una grande crescita, una grande richiesta, specialmente del settore horeca (hotel, ristoranti, bar, ecc, Ndr)”. Più articolato il giudizio di Ezio Chiarle, responsabile vini di OnestiGroup, che distribuisce una vasta scelta di bevande alcoliche, ma anche alcune opzioni no alcol (fra cui Frizero). Possono il no alcohol e il low alcohol diventare un fenomeno mainstream? “Per il vino non è come per i distillati: per i distillati ci sarà una grandissima espansione, per il vino, a causa della cultura italiana e mondiale, si farà un po’ più di fatica”.
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