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Sport
Il ciclismo era parole alla radio
05-10-2024, 06:27
In principio era il verbo e il verbo era presso il ciclismo e il ciclismo era il verbo. A volte cronaca, spesso capace di superare la cronaca per diventare letteratura, un genere letterario. Il ciclismo era racconto di viaggio, di viaggi che attraversavano un paese, capaci di portare all’attenzione di chi leggeva storie piccole e grandi di sport che erano in realtà storie di piccoli uomini capaci di fare grandi cose. E tutte ambientate in luoghi che mai sino a quel momento erano stati sfondo di qualcosa. Il ciclismo ha continuato a lungo a essere verbo e verbo soltanto. Parole stampate nero su bianco o nero su rosa. Poi altre parole divennero voce. Perché nulla come la radio riuscì a creare il mito di questo sport, ad avvicinare il ciclismo alla gente. E ancor prima del suo avvento ufficiale. “Gentili uditori comunichiamo la vittoria di Bottecchia Ottavio in terra francese. Il nostro tenace connazionale ha concluso come vincitore la seconda tappa del Giro di Francia e ora è capofila della classifica generale”. Con queste parole Radio Araldo di Roma annunciò il 26 giugno del 1923, la vittoria di Ottavio Bottecchia a Cherbourg. Le trasmissioni sperimentali di quella che è la prima radio italiana erano iniziate qualche settimana prima. L'ingegner Luigi Ranieri era riuscito a ottenere la concessione provvisoria per trasmissioni radiofoniche sperimentali, grazie al rapporto di amicizia che aveva con il ministro delle Poste, Giovanni Antonio Colonna di Cesarò. L’Uri, l’Unione radiofonica italiana, sarebbe stata creata solo oltre un anno dopo, avrebbe iniziato a trasmettere il 6 ottobre del 1924. È passato un secolo da allora. Cento anni di parole volanti, dirette alle orecchie e non agli occhi, com’era stato a lungo, come accadeva da molto solo a teatro o nelle piazze o nelle chiacchierate alle osterie. Cento anni che si trasformeranno in cento chilometri, anzi poco più – ma si sa, la bicicletta prova sempre a sforare –, domenica 6 ottobre 2024 all’Eroica. Da Gaiole in Chianti a Gaiole in Chianti, passando per Siena, scendendo giù verso Radi, poi raggiungendo Monteroni d’Arbia per risalire a nord. Cento chilometri, anzi poco più, per i cent’anni della radio. Perché attorno alle radio si riunivano contrade, borghi, paesi interi quando le radio costavano tanto e ce ne erano poche. Soprattutto quando si correvano le grandi corse a pedali, specialmente quando si correva il Giro d’Italia, che in Italia, e a lungo, era l'evento degli eventi. Il ciclismo è stato un amore anche radiofonico, uno dei pochi sport a diventare parola comune, a entrare nel lessico comune tipo quella frase “un uomo solo è al comando, la sua maglia è biancoceleste, il suo nome è Fausto Coppi” pronunciata da Mario Ferretti il 10 giugno del 1946 in apertura della radiocronaca della diciassettesima tappa del Giro d’Italia, la Cuneo-Pinerolo, 254 chilometri. O quel “Primo Fausto Coppi… e in attesa degli altri concorrenti trasmettiamo musica da ballo!”, pronunciato da Nicolò Carosio il 19 marzo del 1946 dopo il passaggio dell’Airone sotto lo striscione d’arrivo della Milano-Sanremo. Musica da ballo che durò quattordici minuti.
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