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Estero
In Thailandia torna al governo Shinawatra: la nuova premier è la figlia dell'ex primo ministro Thaksin
16-08-2024, 10:08
“Senza una correzione di rotta catartica, diventerà un paese di secondo piano, ancora attraente per il turismo a buon prezzo, ma non molto di più”. La previsione di Thitinan Pongsudhirak, politologo thailandese di riferimento, sembra destinata ad avverarsi. Quello che è accaduto nella prima metà di agosto, è una restaurazione senza rivoluzione. La Thailandia, anziché purificarsi, ha perseverato nei suoi errori e peccati. Il 16 agosto è stata nominata primo ministro del Regno Paetongtarn Shinawatra, 37 anni, leader del Pheu Thai, ennesima reincarnazione del partito fondato da Thaksin Shinawatra, suo padre. Continua una saga dinastica: Thaksin, l’uomo che era stato definito il Berlusconi thailandese, fu eletto premier nel 2001 e deposto da un colpo di stato nel 2006. Sua sorella Yingluck fu nominata nel 2011 e deposta nel 2014. Thaksin, tornato in patria dopo 15 anni di esilio, dopo aver ottenuto un perdono reale per i reati di cui era stato accusato, non sembra aver rinunciato al suo ruolo di maestro nel teatro delle ombre. Paetongtarn è stata scelta per prendere il posto di Srettha Thavisin, del suo stesso partito. Il 14 agosto, la Corte costituzionale, il sepolcro imbiancato della tradizione e della conservazione, lo ha rimosso dalla carica per “ragioni etiche”. Aveva nominato nel suo gabinetto un ex avvocato che era finito in prigione con l’accusa mai provata di aver tentato di corrompere un funzionario della Corte. Srettha era stato designato premier meno di un anno fa, dopo una serie di rovesciamenti di fronte nelle coalizioni. Il Pheu Thai aveva abbandonato l’alleanza con il progressista Move Forward, primo nelle urne ma emarginato in parlamento, e aveva aderito a una coalizione con i partiti conservatori. La destituzione di Srettha, secondo una fonte del Foglio vicina alla famiglia del premier, potrebbe essere dovuta a un’ennesima macchinazione di Thaksin che puntava a un governo guidato dalla sua figlia più giovane. In cambio avrebbe contribuito a emarginare il Move Forward. Secondo gli osservatori statunitensi, invece, la rimozione di Srettha sarebbe stato un avvertimento per Thaksin che stava dimostrando eccessivo attivismo politico. Una settimana prima, il 7 agosto, la Corte costituzionale, invalidando il voto di 14 milioni di thai, ha decretato lo scioglimento del Move Forward, il partito che il 14 maggio 2023 aveva vinto le elezioni, ed ha bandito per dieci anni dalla politica il suo leader Pita Limjaroenrat e altri dieci esponenti del partito. La Corte ha decretato che il Move Forward ha violato la costituzione proponendo un emendamento all’articolo 112 del Codice penale, la legge sulla lesa maestà che criminalizza ogni critica alla monarchia e alla famiglia reale. La proposta, per la Corte, equivaleva al tentativo di rovesciare la monarchia costituzionale thailandese. Si è ripetuto quanto accaduto nel 2019, quando era stato sciolto il Future Forward, il partito progressista che era arrivato terzo alle elezioni e il suo leader Thanathorn Juangroongruangkit era stato escluso dalla vita politica. Oggi come allora il partito è rinato con un suo clone. Si chiama People’s Party ed ha per leader Natthaphong Ruengpanyawut, giovane, di bell’aspetto, con ottimi studi in Occidente, di famiglia alto borghese con un background nel mondo degli affari e dei social media. Come i suoi predecessori incarna una nuova categoria sociale thai. Per l’ennesima volta è stata confermata la regola del “Tit”, ossia “This is Thailand”, secondo cui tutto può accadere. In nome Dal 2006 la Thailandia è stato scenario di due colpi di stato, della destituzione di cinque premier e della dissoluzione di trentatré partiti, in alcuni casi con motivazioni bizzarre, come l’aver candidato a primo ministro una principessa. Nel frattempo, è stato modificato più volte il sistema elettorale e la nomina dei senatori, prerogativa del governo in carica, è stata demandata a una “selezione” in base a un complicatissimo sistema che è stato assunto quale “definizione di insanità”. Se “questa è la Thailandia”, il problema, come denunciato dal professor Pongsudirak, è quale sarà la Thailandia. Nella mattina del 14 agosto la borsa di Bangkok ha avuto un calo del 16% e, riferisce la Fonte del Foglio “le banche sono piene di gente che ritira soldi a pacchi”. Secondo molti analisti la Thailandia rischia entrare in un periodo di crescita piatta stagnazione e potrebbe essere superata del Vietnam al secondo posto nelle economie dell’Asean. In compenso sembra che non verranno toccati gli aumenti previsti per il bilancio della difesa. Secondo Pavin Chachavalpongpun, dissidente thai in autoesilio a Kyoto dove insegna al “Center for Southeast Asian Studies”, tutto ciò segna l’inizio della fine per le tradizionali élite thai che potrebbero essere rovesciate da un movimento popolare incruento. In effetti non si prevedono dimostrazioni di piazza, proprio perché il People’s Party punta a una vittoria elettorale nel 2027. Il dubbio è se e come ci arriverà perché sta già infrangendo tutte le regole occulte stabilite dagli ultraconservatori. Il nome stesso è quello inglese del gruppo che nel 1932 aveva dato vita alla rivoluzione che aveva posto fine alla monarchia assoluta. Il logo, ennesima variazione di quello del Future Forward e poi del Move Forward è un triangolo con la base in alto a simbolizzare un rovesciamento nella priamide dei poteri con il popolo sopra l’élite. Ma l’elemento che avrà sicuramente fatto rabbrividire i realisti è la scritta sulle t-shirt dei nuovi leader: Liberté, Égalité, Fraternité, motto della Rivoluzione francese poi adottato dalla Repubblica Francese. Il Pheu Thai, quindi, da acerrimo nemico, diventa un compagno di strada in nome della khwampenthai, la thailandesità, sia pure in versione nazionalpopolare. Ancora una volta, tutto si può spiegare in un latente scontro di civiltà. Secondo il giornalista Pravit Rojanaphruk, la paranoia degli ultraconservatori verso ogni riforma della legge sulla Lesa Maestà ha radici nel timore inconscio di un virus politico che metta in crisi il sistema gerarchico e i valori della khwampenthai, la thailandesità. Il partito che trasmette questo virus, ossia il People’s Party, è il cavallo di Troia usato dall’Occidente, ossia dagli Stati Uniti, per minare la monarchia, al fine trasformare la Thailandia in uno stato satellite degli Usa nell’imminente scontro tra Cina e Occidente. Una teoria complottista che però trova una conferma nelle dichiarazioni di Zhuang Guotu, della Xiamen University, secondo il quale gli ultimi avvenimenti possono rafforzare le relazioni tra la Cina e il nuovo governo thailandese. Proprio com’era accaduto con il governo di Thaksin. In questo scenario la previsione del professor Pongsudhirak potrebbe realizzarsi soprattutto per quanto riguarda il turismo. Una Thailandia fedele alla thailandesità è un sogno turistico. Non a caso è stato istituito il “National Soft Power Committee”, presieduto proprio da Paetongtarn Shinawatra, per propagandare quegli elementi che compongono il fascino thai: dal cibo alle feste. Peccato che quando lo fanno gli stranieri, come ha fatto la Apple con un suo spot per l’iPad Pro, il Soft Power sia bollato come uno stereotipo.
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