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Estero
“Paty era islamofobo”. Scandalo per un ricercatore della Sorbona
07-12-2024, 04:27
In tanti avevano detto che i vignettisti di Charlie Hebdo se l’erano cercata, che erano razzisti e islamofobi. Ma dopo la loro strage, nessuno si è azzardato a ripeterlo. Il calvario subìto dai famigliari di Samuel Paty non è finito neanche a quattro anni dalla sua decapitazione. Mickaëlle Paty, sorella del professore assassinato da un terrorista ceceno il 16 ottobre 2020 fuori dalla sua scuola media nelle Yvelines, ha sporto denuncia contro un ricercatore della Sorbona, Pierre Jacquel, che accusa il professore di “islamofobia”. “Senza l’islamofobia, questa tragedia non sarebbe mai accaduta”, ha scritto Jacquel. “Paty era un islamofobo laico. Il padre di famiglia musulmano (Brahim Chnina, ndr) è il colpevole ideale e questo processo alimenterà ulteriormente l’islamofobia”. Dall’inizio di novembre, la Corte d’assise di Parigi ha processato otto persone implicate nell’assassinio del professore, tra cui una studentessa e suo padre, Brahim Chnina, sospettato, insieme all’islamista Abdelhakim Sefrioui, di aver diffuso le bugie dell’adolescente sui social e di aver portato alla fatwa contro Paty. La denuncia contro Jacquel è stata presentata a nome della sorella e dell’associazione Difesa dei servitori della Repubblica, creata per difendere la libertà di espressione, proteggere i funzionari pubblici e presieduta da Didier Lemaire, professore di Filosofia che aveva messo in guardia contro l’islamismo a Trappes e finito sotto scorta. Si legge nel comunicato: “Se questo individuo non arriva a glorificare esplicitamente l’atto terroristico, tende a giustificarlo adducendo come unica fonte la presunta islamofobia di Paty, degli insegnanti ‘laici’ e più in generale della nostra società”. “Combattere l’islamofobia è un atto morale”, ha risposto il ricercatore della Sorbona. Secondo Mickaëlle Paty, il messaggio di Jacquel punta a “giustificare la decapitazione” di suo fratello, “a causa della sua presunta islamofobia”. Per il giornalista Hugo Clément, “sputare sul cadavere di una vittima del terrorismo islamico, accusandola di essere ‘islamofobo’, è spregevole”. Charles Rodwell, deputato del partito Renaissance, ha denunciato su X “la follia woke di questi pseudo-ricercatori” che sarebbero, secondo lui, “il cancro della ricerca”. Lo si era visto anche dopo il 7 ottobre, quando numerosi accademici francesi avevano scritto, su Hamas, che “resistere a un occupante è legittimo”. Quando è uscito il suo libro “2084”, rivisitazione del famoso romanzo distopico di George Orwell, Boualem Sansal venne attaccato a sinistra. “Tra vent’anni, quando le acque islamofobe della Francia si saranno ritirate, ci chiederemo come abbiamo potuto entusiasmarci così tanto per questo libro”, scrisse il direttore della rivista Paris Match. Oggi che Sansal marcisce in una galera algerina (e Paty sottoterra), per molti della gauche è ciò che si meritano.
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