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Sport
Lo spettacolo del Tour de France in Italia somiglia a un’enorme festa popolare
02-07-2024, 06:27
Oggi a Claviere, nell’Alta val di Susa, dopo aver superato il Sestriere, i corridori e la carovana del Tour de France si lasceranno alle spalle l’Italia per imboccare le strade di Francia. Adieu Italie, o forse au revoir. La Grande Boucle è partita da Firenze, ha raggiunto Rimini scavallando l’Appennino. E’ ripartita da Cesenatico per arrivare a Bologna, arrampicandosi prima verso il Santuario della Madonna di San Luca. Ha ripreso a pedalare da Piacenza, ha fatto un inchino a Fausto Coppi, prima di inoltrarsi tra Langhe e Monferrato per raggiungere Torino. Si è lasciato alle spalle strade e piazze piene, milioni di persone a bordo strada, sui marciapiede e sulle banchine, affacciate ai balconi, con qualcosa di giallo da sventolare o qualche pois rosso su sfondo bianco, perché c’è nulla di più francese che la maglia degli scalatori. Soprattutto sorrisi, evviva, allez! Una festa incredibile fatta di tante microfeste piene di birra, salsicce grigliate, panini, chiacchiere, biciclette, tutte in nome di un amore assoluto per questo sport, il ciclismo. L’unico capace di raggiungere la gente lì dove sta. Basta scendere in strada se si è fortunati ad abitare nei pressi del passaggio della corsa. “Ci aspettavamo un gran successo di pubblico, forse però non di queste proporzioni”, dice al Foglio il presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini. “Per me è un sogno che è diventato realtà”, confessa sorridendo guardandosi attorno, osservando una via Irnerio a Bologna piena zeppa di gente lungo il rettifilo di arrivo della seconda tappa del Tour de France. “E’ una soddisfazione incredibile terminare così, con il Tour de France, dieci anni di presidenza in regione”. In centodieci edizioni, il Tour era entrato nel nostro paese da Ventimiglia, da qualche passo alpino, aveva raggiunto Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta. Quest’anno è partito da Firenze, “e ha percorso per tre giorni le strade della Romagna e dell’Emilia”. Bonaccini si guarda attorno e vede prendere forma, diventare realtà “tre anni di lavoro. Devo ringraziare il direttore del Tour, Christian Prudhomme, per averci ascoltato e Davide Cassani, che nominai otto anni fa alla guida dell'Agenzia di promozione turistica, che ci ha permesso di avere un riferimento, unico per competenza e passione, per realizzare il progetto”. Philippe Lescoth, da vent’anni nello staff tecnico della Grande Boucle, confida al Foglio che “non ho mai visto qualcosa del genere. Siamo stati in Danimarca, in Olanda, in Belgio, nei Paesi Baschi, ma una tale passione, una così enorme felicità di vedere il Tour de France passare non l’ho mai vista in nessun altro paese. Sembrava di essere in Francia, sembrava un’enorme festa paesana. E il ciclismo è proprio questo: un’enorme festa paesana”. Un progetto nato nel 2020, quando la Svizzera rinunciò all’organizzazione dei Mondiali di ciclismo causa pandemia. “Nessuno li voleva organizzare. Ci chiamarono e ci demmo da fare”, racconta Bonaccini. “In tre settimane a Imola e nell’imolese organizzammo i campionati del mondo. Furono un enorme successo, nonostante il pubblico contingentato”. Fu in quel momento “che ci venne in mente l'idea folle per qualcuno di provare a portare il Tour in Italia. Abbiamo lavorato tanto, coinvolgendo il sindaco di Firenze Dario Nardella. Poi si è aggiunto il presidente del Piemonte, Alberto Cirio”. La dimostrazione che si può fare buona politica per i territori anche tra esponenti di partiti diversi. Uno spettacolo di ciclismo e di gente che è stato visto da centinaia di milioni di persone in 190 paesi in tutto il mondo. Uomini e donne arrivati da tutta Italia, perché se c’era una cosa che dicevano tutti in questi primi giorni italiani del Tour de France era che “c’è il Tour in Italia, come potevo perdermelo”. C’era, c’è ancora per una sessantina di chilometri, il Tour in Italia e in milioni sono usciti di casa, fatto decine, centinaia di chilometri (c’è chi è partito da Benevento in bicicletta qualche giorno prima per arrivare a Bologna) pur di vederlo passare, per partecipare a quell’enorme festa popolare itinerante che è ancora il ciclismo.
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